L’apparizione del Risorto ai suoi discepoli lungo il mare di Galilea

di Don Paolo Galeazzi

Il Vangelo della III domenica di Pasqua racconta l’apparizione del Risorto ai discepoli lungo il mare di Galilea ed è composto da tre scene: la pesca miracolosa, il pasto preparato da Gesù a riva, il dialogo tra Gesù e Pietro scandito dalla triplice domanda: "mi ami tu?". È ancora una volta Pietro ad essere il protagonista fin dalla prima battuta: "io vado a pescare". Non prenderà nulla in quella notte, resa ancor più tenebrosa dall’ombra lunga del proprio fallimento, subìto, forse accettato ma di certo non ancora guarito. Per questo servirà l’intervento di Gesù che, dove emerge solo indigenza ("non avete nulla da mangiare?") sa offrire una via d’uscita ("gettate… e troverete!"). Pietro, davanti alla pesca miracolosa e alle parole di Giovanni ("è il Signore!"), si tuffa in mare per raggiungere Gesù, ma stranamente né lui né gli altri gli parleranno. Sembrano tutti bloccati dal peso del loro passato, che è l’unica cosa che veramente possiedono, mentre è chiaro a tutti che la pesca straordinaria appartiene a Dio. Gesù li accoglie, offrendo ai suoi "figlioli" un pasto caldo già pronto, e in quel fuoco di brace su cui vi è del pesce cotto e del pane si può vedere il segno del cibo eucaristico, preparato dal Signore per i suoi amici, bisognosi di essere confortati nel corpo e nell’anima.

Questo cibo è il punto da cui la Chiesa sempre riparte, è la fonte della forza per lavoro apostolico e il culmine a cui portare i frutti che il Signore concederà. Tuttavia non basta a Pietro il fatto dei 153 grossi pesci né la presenza del Signore accanto a lui per essere risanato nella sua dignità, ferita dal peccato. Servirà una parola specifica di Gesù che lo raggiunga nella sua solitudine e lo provochi, cioè lo chiami ad una riposta. L’appello di Gesù "mi ami tu?" non è un rimprovero per il passato, ma è una parola che guarisce Pietro nella sua capacità di amare, andata in frantumi nell’episodio del rinnegamento. Gesù lo risana proprio affidandogli il suo gregge, dandogli fiducia. L’amore di Pietro non è più quello eroico millantato in precedenza ("darò la mia vita per te"), e neppure quello oblativo che vorrebbe Gesù ("mi ami?"): è anzi molto umano ("tu lo sai che ti voglio bene") eppure è sufficiente, perché è centrato su Gesù e non su se stesso ("tu sai tutto").

Pietro ha finalmente guadagnato la posizione del discepolo, cioè di colui che sa di dover mettere ogni cosa – soprattutto la propria debolezza - “dietro” al Maestro, perché possa servire "a dar gloria a Dio".