L’arte di Brown e Miles Davis rivive nell’universo di Bosso

Il concerto questa sera al Torrione Jazz Club . Alberto Gurrisi all’organo . e Marco Valeri alla batteria

Migration

di Gian Aldo Traversi

Schegge melodiche, echi e rimandi lontani dall’utopia: nel pluriuniverso di Fabrizio Bosso, una tromba refrattaria per la sua grandezza a ogni vincolante ortodossia, rivive l’arte di Clifford Brown e di Miles Davis. Nell’esuberanza del suo virtuosismo, potente e fervido, riaffiora il pathos di Chet Baker e Kenny Dorham. Mettersi all’ascolto dell’interplay a cui dà vita con Rosario Giuliani, un sax alto dal pathos leggero, visionario e oscuro, è come sfumare nel sogno di successi d’antan alternati a brani originali sapidamente soul. Un tandem che si nutre di parallelismi e affinità forti sigillati nel disco "Connection" che oggi sfoglia per il Bologna Jazz Festival al Torrione Jazz Club (21) con Alberto Gurrisi all’organo e Marco Valeri alla batteria.

Bosso, con Giuliani edificate da tempo consonanze anche umane dal timing perfetto. A quando risale la prima ribalta condivisa?

"Al 2000, l’anno in cui incisi "Fast Flight",disco d’esordio da solista in cui Rosario fu ospite. Per periodi anche lunghi ci siamo allontanati, ma sempre con la voglia di allestire formazioni che ci permettessero di stare assieme sotto i riflettori. Uno degli ultimi prodotti è l’album "The Golden Circle" scritto assieme"

Firmate i brani di Connection in comunione creativa?

"Sì, se s’intende il flusso che ci pervade, ma per la struttura e le scelte separati. È un album uscito nel 2021 per la Flying Sparks, otto pièce di poliritmia costante, con tutti gli ingredienti che accordano al jazz la possibilità di produrre il meglio. Due sono miei e un terzo non è sul cd, gli altri di Giuliani che mi ha dedicato "Fabrizio’s Mood""

Al di là di performance mai banali nel pop patinato di Sanremo con Gualazzi e Cammariere, non s’è mai discostato dalla ricerca di significati prevalentemente legati alla tradizione afroamericana?

"Nessun dubbio al riguardo, sono sempre stato su quel filone, un riferimento ininterrotto, quello che amo di più cercando di renderlo originale per quanto è possibile farlo"

La curiosità di rilettura improvvisativa è il talismano con cui s’è accattivata la critica?

"Azzardo: l’improvvisazione fatta con libertà che non scade nel manierismo né si allontana dai temi storici che ripropongo, con criterio e consapevolezza, rispettando le regole"

Potremmo definirla reattività, qualcosa di istintivo, che si nutre di coscienza?

"Sì, che vuol dire produrre assoli avendo un occhio di riguardo per gli altri musicisti"

Il jazz è di destra o di sinistra?

"Magari un po’ più di sinistra, lo dico in base alle mie simpatie. Ma soprattutto non è politica, è di chi lo ama, l’ascolta e lo suona"

Ad agosto ha avuto un infortunio domestico, come ne è venuto fuori?

"Sono state giornate taglienti e instabili, cuore e cervello a rincorrere la fine di un incubo. Dopo un mese e mezzo ho ripreso a suonare. Senza dare retta a chi mi consigliava di ingannare il tempo scrivendo un libro o un disco. L’arte, ammesso che ci sia, non può fare da riempitivo".