PER NON DIMENTICARE
LE VITTIME INNOCENTI
DEL TERRORISMO
Barbara Azzaroni era una insegnante. Aveva una figlia, ma questo non le impedì di entrare in clandestinità. Abbandonò lavoro e famiglia, si trasferì a Torino, sotto falsa identità. Il 28 febbraio 1979, si trovò in un bar con altri terroristi per organizzare un attentato; erano armati e portavano il giubbotto antiproiettile. Uno dei complici, che aveva il compito di fare da palo, entrò in un negozio e comprò una maschera di Carnevale. Il commesso si insospettì dato che proprio quel giorno era cominciata la Quaresima; chiamò la polizia, che arrivò immediatamente, facendo irruzione nel locale. Barbara e il suo complice iniziarono a sparare; i poliziotti risposero al fuoco, uccidendoli entrambi. Il 6 marzo si svolse il funerale della Azzaroni: più di duemila persone parteciparono a volto coperto, sfidando i controlli. Nei giorni successivi la stampa si scagliò contro il terrorismo e contro Barbara, attirando la vendetta dei militanti armati. Il 13 marzo i terroristi entrarono nella sede dell’Associazione Stampa dell’Emilia-Romagna, intrappolarono gli impiegati nello sgabuzzino, presero i pochi soldi che trovarono, si impossessarono dell’elenco dei giornalisti, poi appiccarono il fuoco. Le forze dell’ordine intervennero e fecero evacuare l’edificio. Purtroppo, nessuno pensò a Graziella Fava, collaboratrice domestica di una signora che aveva l’appartamento vicino alla sede dei giornalisti. Il corpo fu trovato presso l’ascensore, dopo che l’incendio fu spento: era morta soffocata a causa delle esalazioni di fumo.