"Molestie, dagli Alpini ci aspettiamo scuse ufficiali"

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di Paola Peruffo *

Non ci tengo a ripetere ciò che è già stato detto sui risvolti bui dell’adunata degli Alpini a Rimini, ma alcune considerazioni penso che meritino una riflessione approfondita. Purtroppo, ciò che è avvenuto il weekend scorso, succede di frequente all’interno degli eventi di massa, specie quelli dove il tasso alcolico è mediamente alto. Siamo abituati a puntare il dito sui fenomeni giovanili, dai rave party alle serate universitarie, perché è comodo per tutti colpevolizzare i ragazzi, mettendoci in mezzo, in modo superficiale, i ruoli educativi che dovrebbero svolgere le famiglie, la scuola e le istituzioni.

Aggiornamento Molestie alpini a Rimini, un vademecum per le denunce

Tutto diventa più controverso quando i protagonisti (in negativo) di fenomeni di sessismo, oltre che di vera e propria violenza sessuale, rientrano negli “anta”, e ancora di più quando si fa riferimento a uomini in divisa. Sono la prima a sottolineare quanto gli Alpini hanno fatto, fanno e sicuramente faranno per la Storia di questo Paese, non solo in merito alle vicende belliche, ma anche nel contesto sociale, come avvenuto in occasione dell’emergenza Covid. Nessuno lo deve dimenticare. Proprio per questo da loro, per il valore intrinseco di quella divisa, ci aspettiamo altro. Innanzitutto episodi di sessismo, più o meno gravi, si sono registrati nel corso di altri eventi, perché, allora, non sono stati presi provvedimenti in termini di prevenzione? Da donna, inoltre, provo delusione nel leggere l’affermazione riportata dai giornali del presidente dell’Associazione Nazionale Alpini, Sebastiano Favero: “Prima di ripartire ho parlato con le forze dell’ordine e ho chiesto se ci fossero state denunce. La risposta è stata negativa. È chiaro che, se ci sono denunce circoscritte e circostanziate, prenderemo provvedimenti".

Al di là che diverse denunce ieri sono arrivare, questo modo di vedere le cose, purtroppo, rappresenta il presupposto perché tali comportamenti si ripetano in futuro, oltre a non restituire dignità a chi l’ha persa. Se anche a Trento, nel 2018, sono capitati fatti analoghi un campanello di allarme, sarebbe dovuto – mi rincresce usare il condizionale – suonare. Aspettare le denunce formali vuol dire delegittimare il ruolo che stanno svolgendo associazioni serie che raccolgono le testimonianze di centinaia di donne che hanno subito offese sessiste e molestie a vario livello. Significa non capire minimamente quanto può essere difficile per una donna, già umiliata dai fatti, presentarsi presso un ufficio pubblico e raccontare quanto accaduto, il più delle volte senza sapere i nomi dei soggetti che si sono comportati da vigliacchi perché coperti dal branco.

Significa implicitamente continuare a ritenere che certi comportamenti siano futili, per il semplice motivo che sono sempre esistiti sulla base di uno squilibrio di comodo tra uomo e donna. Quali? Per esempio dare “allegramente” della prostituta a una ragazza, mimarle in faccia il gesto di un atto sessuale, pretendere di ricevere un rapporto intimo, considerandosi adoni in funzione di una divisa indossata. No, dagli Alpini e dalle loro associazioni ci aspettiamo ben altro, a cominciare dalle scuse ufficiali e da un disciplinare che porti ad allontanare, come succede negli stadi, chiunque si macchi di comportamenti beceri verso le donne e, più in generale, verso una società che dovrebbe aver superato da tempo il medioevo.

* presidente Commissione

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