"Questo amore è una storia universale"

Primo ciak per ‘Lei mi parla ancora’ di Pupi Avati, film sulla vita di Nino Sgarbi. Il regista: "Questa terra ha un legame forte col passato".

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di Anja Rossi

Osserva tutto, guarda tutto, nessun dettaglio gli sfugge. "La posizione del proiettore va bene così, Maestro?", gli chiedono al volo. "Sì, sì va bene, va bene" risponde lui, già attento a guardare il resto. "Carrucole, carrucole, alzatelo di là", lo schermo sta per essere issato con corde e grazie a una decina di persone. "Pensavo che i cassieri dei cinema al tempo avevano una maglia bianca, non erano vestiti come i gelatai" si ripete tra sé, poi lo dice anche a una aiutante. Voci, cellulari che squillano, trapani, scarpette anni cinquanta che saltellano sui ciottoli che costeggiano la parte rialzata di piazzetta San Nicolò, primo set a cielo aperto di ‘Lei mi parla ancora’, il nuovo film di Pupi Avati, che vedrà per le prossime settimane il regista bolognese e la sua troupe in giro per Ferrara, a Ro Ferrarese e in alcune altre frazioni della provincia. Oltre a Renato Pozzetto e Stefania Sandrelli, si potranno incontrare per la città volti del cinema quali Fabrizio Gifuni, Isabella Ragonese (Rina Cavallini da giovane), Alessandro Haber nei panni dell’amato zio intellettuale, Bruno, e poi Lino Musella (che interpreta il giovane Nino Sgarbi), Chiara Caselli, Gioele Dix e Serena Grandi. Il film, è una coproduzione tra Bartlebyfilm e Vision Distribution, con la collaborazione di Duea Film.

Bisogna però aspettare il buio in piazzetta san Nicolò, perché le scene si svolgono in notturna. Sul set, prima delle riprese, passa anche la moglie di Pupi Avati, Amalia Turri, anche se lei si presenta a tutti come Nicola Avati. Anche il loro è un legame che dura da una vita, e forse è proprio per questo che il regista si è così legato alla storia umana di Giuseppe Sgarbi, raccolta in un libro che porta lo stesso nome del film di Avati, al quale la pellicola è liberamente ispirata. Il romanzo è stato scritto negli ultimi anni di vita da Giuseppe ‘Nino’ Sgarbi, padre di Vittorio ed Elisabetta Sgarbi, la pellicola racconta della storia d’amore tra ‘papà’ Sgarbi (interpretato da Renato Pozzetto) e Caterina ‘Rina’ Cavallini (che nella pellicola sarà interpretata da Stefania Sandrelli) durata un’intera vita, ma anche del rapporto tra lo scrittore e il ghostwriter che ne racconta la storia lunga due esistenze. Vestita di bianco, capelli raccolti, una eleganza antica, la moglie di Avati sembra una delle attrici che tra poco riempiranno la scena. Saluta il marito prima di andarsene, mentre è seduto in attesa che i tecnici innalzino lo schermo su cui verrà proiettato il film. Lui le prende la mano e la stringe a se, come se la volesse lì per sempre. "Questa è una storia universale – sottolinea Pupi Avati – perché è la storia di un matrimonio di 65 anni, quindi molto rara, anacronistica ma dell’oggi, però con una dose di sentimento e di forza emozionale straordinario, tanto è vero che è la prima volta dopo 53 anni di cinema che mi sono appropriato di una storia altrui, che non è la mia vita, ma è la vita di Giuseppe ‘Nino’ Sgarbi. Pur non essendo un film di Sgarbi" evidenzia Pupi Avati. La storia narra anche del rapporto tra Nino Sgarbi e il ghostwriter che scriverà la sua storia".

Sul set arriva anche don Massimo Manservigi, in ‘missione’ si potrebbe dire, per la Curia, che ha contribuito tecnicamente alla proiezione. Sullo schermo del cinema d’estate, infatti, verrà proiettato Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. "Un film che ho fatto vedere a praticamente tutti i miei ragazzi, perché penso dica molto" racconta Manservigi. E poi arriva anche Antonio Avati, fratello del regista nonché produttore del film, la sua voce è molto simile a quella del regista, tanto che in piazzetta si crea un’eco tra le due voci fraterne che dirigono, gestiscono il personale, le comparse, gestiscono i tanti problemi che si creano e si risolvono nell’attesa del primo ciak. Il resto è tutto un via vai. Alcuni abitanti negli edifici vicini scendono a vedere cosa sta succedendo, un tecnico allaccia le prese per dare vita al cinematografo, un prete con la tunica fino ai piedi passeggia avanti e indietro in attesa della sua parte, e poi ragazze in abiti anni Cinquanta, cedrate e salatini, il grande maxi schermo. Tutto questo riempie in poco tempo, nel pomeriggio, piazzetta San Nicolò, dove tutto è stato ricreato per allestire un’arena estiva di settant’anni fa, per il film. Protagonisti di queste prime riprese i due innamorati da giovani, con gli attori Isabella Ragonese e Lino Musella, oltre a un cameo di Alessandro Haber. Dopo tre settimane di riprese romane, la troupe starà per tre settimana a Ferrara, girando anche in provincia. Oggi le scene in via Giuoco del Pallone, per poi passare alla casa degli Sgarbi di Ro.

Settimo sigillo per la settima arte, che ritorna a Ferrara e nei suoi luoghi più suggestivi e cari, suggellando un nuovo patto con il mondo del cinema che l’ha già vista più volte set pronto ad accogliere registi e sceneggiatori. "Ferrara tra le città dell’Emilia è quella che ha mantenuto col passato un rapporto più forte, più efficace ed emozionante pur non trascurando il presente – racconta Pupi Avati –. Se vuoi comprare un telefonino di ultimo modello – sorride Pupi Avati – a Ferrara lo trovi, non è rimasta legata solo alle memorie. Contrariamente ad altre città dell’Emilia, soprattutto in quella fascia che va da Bologna a Milano, dove la modernità ha prevalso in modo talmente pervasivo che è difficile andare in queste città e ricostruire quegli anni a me cari".