Sciopero sotto l’ombrellone: "Bolkestein, incubo d’estate. La serrata, ultima spiaggia per salvare gli stabilimenti"

A fine anno verranno messi all’asta i bagni, i titolari pronti a protestare durante la stagione. "Se non garantiamo il servizio di salvataggio verranno chiuse in automatico le strutture"

Ferrara, 14 marzo 2024 – Porto Garibaldi, lungomare, via vai d’auto e furgoncini, le luci che arrivano dalle finestre e cercano di bucare la nebbia che ancora alle nove di mattina non si è alzata. Gli stabilimenti balneari sono aperti. Oltre l’ingresso c’è chi pulisce i pavimenti, chi sistema i tavolini, spazza la sabbia, accatasta gli ombrelloni. Nel fine settimana si apre la stagione balneare. Per imprese storiche, che hanno fatto del turismo fonte di vita e di reddito, rischia di essere l’ultima stagione.

Sciopero sotto l’ombrellone: "Bolkestein, incubo d’estate. La serrata, ultima spiaggia per salvare gli stabilimenti"
Sciopero sotto l’ombrellone: "Bolkestein, incubo d’estate. La serrata, ultima spiaggia per salvare gli stabilimenti"

C’è una scadenza, quasi un capestro. Le concessioni balneari terminano il 31 dicembre 2024, poi verranno varati i bandi. All’asta storie di famiglia, sacrifici lungo il bagnasciuga, baracchette con il pesce fritto diventati colossi della ristorazione, che ruotano in alcuni casi sul lavoro di una novantina di dipendenti.

Un mondo. Perché non venga spazzato via annuncia battaglia Giuseppe Carli, referente provinciale del Sib (Sindacato italiano balneari). Dice, aria di primavera davanti al suo stabilimento, il bagno Astor. "In questo momento non ci sono prospettive, non abbiamo più alcuna risposta". Nel silenzio, il caos normativo durante il quale solo le rassicurazioni si sprecano. "Stiamo studiando – spiega – quale forma di protesta adottare. Tra le ipotesi prende sempre più corpo la serrata degli stabilimenti, lo sciopero".

Chiusi gli ombrelloni nel pieno della stagione, smarriti i turisti, l’indotto di ristoranti, bar, fabbriche di lettini che già trema. Questo lo scenario. Di nuovo Carli, perentorio, mentre solleva i piedistalli degli ombrelloni. Nel fine settimana si annuncia sole, antipasto d’una estate che rischia di essere molto calda.

"Una delle proposte che stiamo vagliando – precisa – è quella di non garantire il servizio di salvataggio, servizio che anche in questo caso paghiamo noi. Non avere i bagnini in spiaggia comporta automaticamente la chiusura dello stabilimento. Staremo a vedere, attendiamo indicazioni, di sicuro non staremo con le mani in mano. C’è in ballo il nostro futuro, quello del turismo dei sette lidi".

I numeri. Sono 21 gli stabilimenti balneari a Porto Garibaldi; 150 nei sette lidi. Alcuni di questi danno, da soli, lavoro a una novantina di persone. Una fabbrica del mare, ormai l’ultima dopo il tracollo della pesca sotto le tenaglie del granchio blu, invasione ’aliena’ partita da lontano, dall’America.

Un "mostro", così lo chiamano sulle banchine del porto di Goro, che si è portato via vongole e futuro di migliaia di persone. Del granchio blu negli stabilimenti balneari non ne vogliono sentire parlare, lo schivano come la peste. Basta già la direttiva Bolkestein a fare paura. Stato d’agitazione, questa la parola che corre tra le dune ancora da spianare, il profumo del pesce che esce prepotente dalla cucina di stabilimenti diventati ristoranti, non stop. Si sfornano risotti con i gamberi e impepata di cozze per tutto l’anno, inclusi i festivi.

Pochi metri più in là, un’altra data, un’altra storia. La data è il 1973, il battesimo del bagno Levante. La storia è quella di Luca Pennoni al timone dello stabilimento. "Mio padre lavorava al Danieli di Venezia, poi ha deciso di aprire qui. In pratica – spiega, l’occhio ai dipendenti che stanno sistemando la sala cosparsa di tavolini – non chiudiamo mai. La Bolkestein ci ha tolto il sonno. Siamo pronti a fare sciopero, vedremo quali indicazioni arriveranno. Viviamo giorni di grande incertezza".

Un’altra manciata di metri, ancora una data, volti in bianco e nero che guardano dalla pagina di un giornale appeso al muro. La data è il 1955. Il volto quello di Pasquina Fantini, figlia di Filippo Fantini detto ’Pipetto’. Aprì con il marito Mario Barillari l’Europa, ristorante con stabilimento balneare. Da lì sono passati Gianni Morandi, Vanoni, Raimondo Vianello, in pausa dalla sua Sandra e da che barba che noia. I giocatori della Spal. Un bel mondo che racconta e ricorda Mauro Farinelli, nella tarda mattinata, una carezza alla nostalgia e alle tovagliette bianche. "La serrata – dice –. E come si fa? Qui c’è gente che lavora, se chiudi ci rimetti i soldi. Metti in crisi un mondo".