"Uccise la madre, Franzolin a processo"

Ieri la decisione del gup per il quarantanovenne accusato di avere soffocato Alberta Paola Sturaro. Prima udienza il 7 luglio prossimo

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di Cristina Rufini

FERRARA

Esattamente un anno dopo quella tragica mattina di primavera, Stefano Franzolin, 49 anni, è stato rinviato a giudizio per l’omicidio della madre Alberta Paola Sturaro, che di anni ne aveva 75. Era infatti il 22 marzo dello scorso quando tra le quattro mura dell’appartamento di via della Ghiara il giovane, reo confesso fin da subito, prese un cuscino e soffocò la madre. Nonostante il profondo attaccamento che c’era tra lei e il figlio. Nella mente di Franzolin – come ha spiegato alcuni mesi fa la psichiatra Giuseppina Meloni – c’è stato un cortocircuito nel momento in cui la madre l’ha paragonato al padre di Franzolin. Un accostamento che in una mente poco stabile, ha creato appunto il default. Ha perso il controllo quando si è sentito affiancare a quell’uomo con cui non aveva più rapporti e che odiava. La lite tra madre e figlio pare fosse scoppiata per il banalissimo mancato pagamento di una bolletta. Ma tanto è bastato. Fin da subito Franzolin ha ammesso di averla uccisa, ma sia i fratelli che gli inquirenti, hanno atteso prima di credergli fino in fondo. Le indagini dei carabinieri coordinati dal pubblico ministero Ombretta Volta, hanno poi ricostruito quanto accaduto quella mattina, nell’appartamento nascosto da un’enorme cancellata in via della Ghiara.

Ieri mattina Franzolin, assistito dal suo legale, l’avvocato Alberto Bova, è comparso davanti al giudice dell’udienza preliminare, che ha poi disposto il rinvio a giudizio per omicidio, con prima udienza davanti alla Corte di Assise, fissata per il 7 luglio prossimo. Prima di allora, però, c’è un altro appuntamento che attende Franzolin, al quale è stata riconosciuta una infermità parziale della mente: il 6 aprile prossimo il giudice ha convocato il consulente tecnico per stabilire se la condizione del carcere, dove attualmente Franzolin è ristretto, si addice al suo stato mentale, o se non sia opportuno individuare una struttura che possa accoglierlo e curarlo.

"Il carcere non è un luogo adatto a lui – sottolinea l’avvocato Bova - deve essere curato. Per quanto riguarda la decisione del giudice, che le devo dire: è l’iter che ci aspettavamo. Lui ha confessato. La strada migliore soprattutto in questo caso sarebbe stato il rito abbreviato, ma non è più possibile. Questa mattina (ieri, ndr) l’ho chiesto, per non precludermi la possibilità in futuro, se dovesse essere modificata la legge, ma sapevo che la domanda non poteva essere accolta, allo stato attuale".