di Lucia Bianchini
Forza e potenza, per ‘uscire dalla caverna’, diventare sé stessi, nonostante le crisi. È questo il grande messaggio che i ragazzi dell’istituto Dosso Dossi hanno messo in scena ieri mattina al Teatro Ferrara Off, in ricordo di Leonardo Riberti, il giovane paziente psichiatrico deceduto cadendo dall’ospedale Maggiore di Bologna lo scorso giugno, le cui cause sono al centro di una inchiesta giudiziaria.
Un momento di grande emozione per tutti i partecipanti, come ha raccontato la dirigente scolastica Francesca Barbieri: "Questo progetto è nato su idea della professoressa Boari, che ha manifestato l’idea di un’iniziativa che prevenisse il disagio giovanile e offrisse un percorso di analisi interiore, abbinata al linguaggio della corporeità, che potesse rispondere al bisogno di ascolto, considerazione, attenzione, rispetto di cui ciascuno studente e studentessa è portatore. Ora lo condividiamo con tutti voi, perché non si educa senza famiglie e istituzioni, è un discorso collettivo, ci si educa vicendevolmente". "Lo stimolo – prosegue la preside- è alla riflessione rispetto ai compiti e ai doveri della scuola, che deve seminare fiducia, speranza e testimoniare quelli che sono valori imprescindibili, tra cui l’ascolto. Siamo qui per testimoniare che avere fiducia nelle nuove generazioni non solo è possibile, ma bellissimo. Il nostro è un seme, se testimoniamo fiducia e speranza i ragazzi le sperimentano e possono seminarle a loro volta".
Alla mattinata hanno partecipato anche Ginevra e Davide Riberti, genitori di Leonardo: "Vi ho sentito molto vicini – è il ringraziamento di Davide Riberti al ragazzi sul palco-, condivido quanto detto dalla preside, servono attenzione e fiducia: dobbiamo avere fiducia nel futuro, vedere cosa c’è oltre, capire, essere uniti e andare avanti tutti insieme. Vi abbraccio". Lo spettacolo è nato da un percorso svolto dai ragazzi, che l’educatrice teatrale Alessia Passarelli ha definito "fragilissimi e verissimi. Abbiamo fatto la cosa giusta – prosegue Passarelli-, un passo indietro: ci siamo messi in cerchio ed abbiamo riflettuto. Mi sento trasformata professionalmente e umanamente, abbiamo imparato a fidarci l’uno degli altri". I ragazzi hanno improvvisato in tempo reale rivivendo le tappe del loro viaggio nella scoperta di sé stessi, sulle parole di Francesca Boari. Nello spettacolo sono emersi gli anni difficili della pandemia, che hanno isolato i ragazzi nel momento più delicato della formazione della propria identità, poi le paure: dell’incertezza, della morte, di non avere abbastanza tempo, di vivere una vita che non appartiene, di non avere un futuro, delle responsabilità, di non essere felice, di non realizzare quello che si vorrebbe, e la voglia di uscire da quella caverna di cui parlava Platone, ma il non sapere come fare. E un invito: a cercare la propria forza interiore, ad ascoltarsi, a capirsi e infine ad amarsi, trovare il proprio spazio, liberi da vergogna, giudizi, imbarazzi, poter vivere senza indossare una maschera e ridere come mai prima, perché finalmente si è sé stessi.