FRANCESCA CAPPELLETTI*
Cronaca

"Volti di donne nel secolo della modernità"

’Le Belle. Ritratti femminili nelle stanze del potere’, il libro di Francesca Cappelletti direttrice Galleria Borghese approderà all’Ariostea

"Volti di donne nel secolo della modernità"

"Volti di donne nel secolo della modernità"

La strategia della bellezza. Ritratto femminile e potere dell’immagine nel secolo della modernità. La storia raccontata dal libro ‘Le Belle. Ritratti femminili nelle stanze del potere’ si può facilmente narrare cominciando dalla fine, con un effetto flashback. Il punto di partenza, anche del titolo, lo troviamo a palazzo Chigi ad Ariccia, luogo incantato del Barocco romano. Qui si trova in gran parte quella serie di ritratti femminili di Jacob Ferdinand Voet, detto a Roma Ferdinando dei ritratti, primo insieme di “Belle”, celebre già intorno al 1670. I quadri ritraevano, in uno stesso formato, le donne romane più in vista dell’epoca, da Maria Mancini a sua sorella Ortensia a tutte le rappresentanti delle famiglie aristocratiche, quasi un tributo al ruolo fondamentale da loro svolto in quella trama di strategie che portava all’affermazione di una famiglia, attraverso matrimoni, alleanze, concessioni di favori, e che ha fatto recentemente parlare anche di “nepotismo al femminile”. Alcune di loro, nel corso del Seicento, avevano determinato le sorti

non solo del proprio casato, ma addirittura del pontificato, come nel caso delle due Olimpie, la Maidalchini e la Aldobrandini, protagoniste del regno di Innocenzo X (1644-1655). Luminose, piene di boccoli vicino al viso, con i gioielli luccicanti e i fiocchi di seta dei vestiti, le ragazze del 1670 rivolgono verso di noi uno sguardo lucido, profondo e qualche volta altero. La raffigurazione di questo Olimpo di potenti, che costò al pittore straniero l’esilio da Roma, forse per

l’eccessiva confidenza che aveva stabilito con alcune delle sue aristocratiche modelle, aveva dei precedenti illustri. Fin dalla fine del Cinquecento, a ben leggere gli inventari delle principali collezioni italiane, è evidente la presenza di stanze che contenevano esclusivamente ritratti femminili. In parallelo, le collezioni ospitavano, fin dalla metà del Cinquecento, allestimenti chiamati nel secolo successivo “Stanza delle Veneri”. Una prima commistione fra il ritratto della Bella e la celebrazione delle bellezze in chiave mitologica va colta nella tela di Jacopo Zucchi La pesca del corallo, che figurava nella collezione romana di Ferdinando de Medici: qui Clelia Farnese appare come Nereide circondata da altre avvenenti divinità marine alle quali prestano il volto alcune delle donne più famose della corte romana. La presenza di alcune figure catalizzatrici del ritratto, come ad esempio Clelia Farnese per la prima fiammata di questa moda e, soprattutto, Maria Mancini per la sua apoteosi seicentesca, ci spinge a riflettere, come faremo in questo libro, sulle metamorfosi del ritratto femminile, ma anche sul ruolo di alcune figure, sulla loro capacità di mettere in scena se stesse, di creare un personaggio in grado di autorappresentarsi e di generare forme di ritratto adatte all’ambizione di occupare un ruolo nella società. Ad autorappresentarsi sono chiamate le artiste, che avranno un ruolo fondamentale nella definizione dell’identità e nell’affermazione delle qualità intellettuali, non solo fisiche, delle figure femminili. Per Lavinia Fontana Venere si trasformerà in Minerva, nel quadro ancora oggi alla Galleria Borghese.

direttrice Galleria Borghese*