
La presidente del comitato ‘Vittime del fango’: "Non siamo tranquilli. Non è normale passare notti in bianco a causa delle previsioni meteo. In città non c’è spopolamento, ma in Appennino il rischio è drammatico".
Alessandra Bucchi, presidente del ‘Comitato unitario vittime del fango’, a un anno e sette mesi dall’alluvione del 2023, come vi sentite rispetto a ciò che è stato fatto per migliorare la sicurezza del territorio? "Né soddisfatti, né tranquilli. La manutenzione che ci sembra insufficiente e la programmazione per il futuro tarda a concretizzarsi, basti pensare che il nuovo piano avrebbe dovuto essere pronto nel maggio 2024 ed è già slittato alla prossima estate".
È di poche settimane fa l’annuncio dell’installazione di valvole anti-reflusso nelle fognature di via Pelacano e via Isonzo. Un passo avanti? "Sicuramente è un lavoro importante che, però, avrebbe dovuto essere fatto molto prima. Il problema delle vie Pelacano e Isonzo, tra l’altro, precede addirittura l’alluvione del 2023".
Quello della rete fognaria, però, è un problema che riguarda tutta la città, tant’è che sindaco e assessore all’ambiente hanno ripetuto a più riprese che dovrebbe essere completamente adeguata ai nuovi andamenti meteo. "Capiamo bene che si tratti di una impresa immane, ma a maggior ragione è fondamentale partire, cominciando magari dalle zone più soggette ad allagamento. Sappiamo che i fenomeni climatici estremi sono in aumento, eppure fino ad ora ci sembra che l’atteggiamento generale sia di semplice attesa. Certo, qualche lavoro è stato fatto, ma è comunque troppo poco. Per noi alluvionati sarebbe importante vedere qualche segnale di inizio".
Lei è in contatto con tanti alluvionati forlivesi e non solo. Quali sono gli stati d’animo più diffusi? "C’è ancora una tensione costante che si manifesta a ogni previsione meteo avversa: ci si confronta sulle chat, si esce di casa per controllare le zone più critiche, si passa la notte in bianco montando le paratie… Non è un modo normale di vivere".
Teme che quelli alluvionati rischino di diventare quartieri fantasma? "Per ora fortunatamente non è avvenuto, anche se c’è chi ha preferito non tornare a casa. Il timore è anche la perdita di valore patrimoniale degli immobili e che, di conseguenza, quelli alluvionati diventino quartieri di serie B, dove nessuno più vorrà venire ad abitare o vorrà investire con la sua attività. Bisognerà fare valutazioni profonde per non rischiare di condannare a morte intere porzioni di città".
Spostiamoci dalla città all’Appennino. Lì il problema sono state le frane. Quali sono, per i vostri aderenti che ci vivono, le maggiori criticità? "La preoccupazione principale è lo spopolamento delle colline. Se avvenisse, si assisterebbe a un drammatico impoverimento del tessuto sociale, ma anche a un abbandono del territorio che avrebbe ricadute sulla sicurezza: se non c’è chi, da abitante consapevole, vigila sui fiumi e sulle montagne il pericolo è di tutti, anche perché l’alluvione ci ha insegnato che tutto ciò che avviene a monte ha conseguenze a valle. Un Appennino lasciato a se stesso non ce lo possiamo permettere".
Voi del Comitato avete più volte chiesto all’amministrazione e a tutte le istituzioni di avere un confronto costruttivo costante, e l’avete fatto anche scendendo in piazza. Com’è oggi la situazione? "C’è chi ci ha ascoltati e chi meno, ma oggi i tempi sono diversi rispetto ai primi mesi dall’alluvione: allora era senz’altro indispensabile un maggiore ascolto di chi aveva subìto danni, mentre oggi la cosa veramente importante è l’operatività. Vorremmo sapere che esiste una visione comune tra i vari enti per traghettare la regione verso un futuro più sicuro, anche perché non c’è tempo da perdere".
Capitolo rimborsi: il sindaco Zattini ha invitato più volte a fare domanda, visto che il numero delle richieste sulla piattaforma Sfinge è piuttosto basso rispetto ai danni complessivi. Come mai succede? "Perché c’è difficoltà a trovare tecnici che facciano le perizie e perché, come spesso abbiamo sottolineato, la procedura è ancora eccessivamente complessa, perciò molti finiscono per desistere. Va detto che i rimborsi finalmente stanno cominciando ad arrivare, l’amarezza resta per i 5mila euro previsti per i beni mobili, una cifra del tutto inadeguata".
Poche richieste non rischiano di far sottostimare i danni? "Purtroppo sì. Noi romagnoli siamo abituati a rimboccarci le maniche e darci da fare. L’aspetto negativo di questo atteggiamento è quello di far pensare che i danni siano tutto sommato limitati. Non è così: sono enormi".
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno ha parlato delle alluvioni: ha detto che "sono frequenti e vanno prevenute con lungimiranza". Vi ha fatto sentire ascoltati? "Abbiamo incontrato il Presidente a Forlì nel settembre 2023 e in quell’occasione gli avevamo chiesto di aiutarci a tenere alta l’attenzione, perciò vedo il suo discorso di fine anno come parte di quella promessa. Ne siamo grati. Sappiamo che il tempo porta a dimenticare, ma farlo significherebbe creare un danno a tutti, non solo a noi emiliano-romagnoli. Il problema della sicurezza connessa ai cambiamenti climatici è nazionale e internazionale, come abbiamo visto, e deve rimanere una priorità assoluta".