"I rincari penalizzano anche vino e produttori"

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Comincia la lenta risalita delle 20mila aziende del vino emiliano romagnole i cui prodotti non si trovano sugli scaffali dei supermercati, con una produzione annua che non va oltre le 200 mila bottiglie per lo più commercializzate nei ristoranti, wine bar ed enoteche.

"Non dobbiamo abbassare la guardia ma l’incertezza delle prospettive rischia di minare ancora una volta la ripresa – avverte il presidente regionale di Confagricoltura, Marcello Bonvicini –. Bisogna scongiurare chiusure generalizzate in vista del Natale, sarebbe un disastro per le aziende legate a doppio filo a chi somministra pasti e bevande. Serve una filiera unita ed efficace, dalla vigna al ristorante, tesa a rafforzare la catena del valore". Nel complesso, infatti, il 2020 ha visto andare bene solo il consumo di vini e spumanti tra le mura di casa (+8% su base annua), in gran parte acquistati al banco della grande distribuzione. "I numeri pre-pandemia sono ancora lontani – ragiona Mirco Gianaroli, presidente della sezione viticola di Confagricoltura –. Il Covid ha cambiato gli stili di vita e i comportamenti di acquisto delle famiglie: il cliente dello spaccio aziendale, durante il lockdown si è abituato ad acquistare la singola bottiglia al supermercato magari a un prezzo scontato. Adesso, però, i rincari sulla spesa degli italiani si ripercuotono sul mercato del vino già provato, penalizzando i prodotti di fascia medio-alta". Il vino sfuso da imbottigliare, compresi Sangiovese e Trebbiano, ha registrato mediamente un incremento della domanda pari al 10-15%.