Quell’argine mai nato: "Col nostro piano il Ronco non avrebbe esondato"

Paolo Ragazzini, imprenditore, nel 2015 si vide bocciare un progetto di costruzione d’una vasca d’espansione collegata a investimento privato.

Quell’argine mai nato: "Col nostro piano il Ronco non avrebbe esondato"

Quell’argine mai nato: "Col nostro piano il Ronco non avrebbe esondato"

L’avvessero saputo, gliel’avrebbero fatto fare? "Chissà". Beh ovvio, la tragedia è che delle tragedie si conosce solo il passato. E il passato è un anno fa. La grande cicatrice, che resta lì come una radice nella storia di Forlì. L’alluvione 2023. Morte e devastazione a maggio. Lì al Ronco il dramma è stato d’un grammo inferiore rispetto al versante del Montone.

"Però con l’opera che avevamo in mente noi – sostiene Paolo Ragazzini –, forse, anzi quasi certamente, il versante est del Ronco, fino a Borgo Sisa, non si sarebbe allagato, o comunque non con la potenza con cui s’è concretizzato. I danni sarebbero stati senza dubbio di gran lunga meno gravi, per le persone e per le cose".

Paolo Ragazzini, 61 anni, forlivese, imprenditore tessile che produce per conto terzi per grandi firme di tutto il mondo, era azionista di maggioranza della Golf Valley srl, società che avrebbe voluto allargare il campo da golf di Magliano; per quell’insediamento aveva attivato, dal 2008, un accordo di programma con le varie amministrazioni cittadine, dalla giunta Masini a quella Drei passando dal quinquennio Balzani. Poi tutto è naufragato. La maggioranza Drei, nell’agosto 2015, bloccò il progetto, per il quale Ragazzini, in tutto, aveva investito 5 milioni e mezzo.

Oggi lì c’è il deserto. Per l’alluvione, certo. Ma in realtà, deprivata di quelle opere qualificanti, la società Golf Valley srl, poi diventata Natural-Lago, dopo un avvio folgorante nel 2017 con il locale CalaFoma, sulle sponde del lago Foma (ex cava di estrazione di ghiaia) è fallita nel 2023, un mese prima del disastro d’acqua.

Allora: l’"opera" di cui parla Ragazzini era una cassa d’espansione ed esondazione; un vascone arginante, uno sbarramento contro la furia delle acque. Cioè quelle che prescrivono gli esperti geologi o affini per (tentare) di barrierare le catastrofi pluvio-fluviali. "In sostanza – argomenta Ragazzini – avremmo dovuto alzare l’argine del lago Foma di 2 metri e 70 centimetri. E il lago è lungo 920 metri e largo 400. Più, un’altra vasca a fianco, di altri 300 metri per un chilometro e mezzo. Un’operazione ciclopica. Che tra l’altro ci aveva chiesto il Comune stesso, e noi avevamo accolto, senza remore, in quanto faceva parte dell’accordo territoriale; ed era tutto programmato anche con l’Unità di Bacino". Il piano completo prevedeva pure una ciclabile fino a Meldola e un ponte pedo-ciclabile che cinghiava il territorio di Forlì con quello di Forlimpopoli, con un’area alberata – e annessa spiaggia – a far da corolla.

Eppure scatta il rosso. È il 2015. La Golf Valley srl di Rgazzini e soci crede di avere tutte le carte in regola per far passare il disegno. Ma le regole, evidentemente, non sono quelle. E nemmeno le carte. "Progetto bocciato perché non è stato ritenuto di rilevanza pubblica. Pensi – chiosa Ragazzini – che quella vasca d’espansione avrebbe raccolto oltre 120milioni di metri cubi d’acqua, mitigando così tutta l’ondata di piena dell’anno scorso, anche grazie a un grande collimatore a valle. Non era di rilevanza pubblica quell’opera, visto come sono andate le cose? Non si dice sempre che prevenire è meglio che curare? O no?".

Maurizio Burnacci