Scuola per pastori a Forlì. "Tante richieste, molti sognano di cambiare vita"

Il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi formerà allevatori: solo sei, centinaia gli interessati. "Tra questi artisti e animalisti. Lavoro affascinante ma duro, daremo la priorità a giovani motivati"

Giovani allevatori con dei cuccioli di cane (foto di repertorio)

Giovani allevatori con dei cuccioli di cane (foto di repertorio)

Forlì, 5 febbraio 2023 – Una scuola nazionale per la pastorizia. L’idea lanciata dal Parco nazionale delle Foreste Casentinesi – sulla scia di altri esempi in Piemonte, Lombardia e Sardegna – prevede solo sei posti (le lezioni si terranno a Stia, in provincia di Arezzo) ma può già essere definita un grande successo: "Dal numero di richieste di informazioni ci aspettiamo centinaia e centinaia di domande da tutta Italia – dice Andrea Gennai, direttore facente funzione del Parco –. Tra questi, anche artisti, scrittori e animalisti".

Gennai, ma qual è il vostro obiettivo?

"La pastorizia è un’attività tradizionale molto antica che nel paesaggio montano ha lasciato una traccia più profonda di quanto pensiamo. Oggi in molte realtà italiane, soprattutto nelle aree interne, montane e insulari, svolge ancora un ruolo di vero e proprio presidio territoriale. Con la sua presenza radicata e diffusa contrasta i crescenti fenomeni di degrado, valorizza la biodiversità, aiuta a ridurre i rischi idro-geologici e offre una forma sostenibile e autonoma di lavoro e reddito, sostenendo la micro-economia locale. Nello specifico della nostra area protetta, puntiamo a salvaguardare le praterie offrendo opportunità economiche per le aziende giovani".

Questo progetto ha suscitato curiosità in tutta Italia. Cosa ne pensa?

"La selezione sarà dura e soprattutto darà poco spazio ai cosiddetti ‘sognatori’ che hanno una visione bucolica della natura e del lavoro. Cercheremo invece di privilegiare i giovani che vogliono seriamente insediarsi in Appennino, costituire un’azienda e vivere grazie al lavoro che, lo ripeto, è affascinante, ma anche duro. Richiede forza mentale, fisica e tanta costanza per risolvere i problemi quotidiani".

Nelle tante richieste secondo lei ha influito anche il fenomeno, tipico del post-lockdoewn, delle cosiddette ‘dimissioni di massa’? Si parla di Big Quit o Great Resignation, un aumento di coloro che vogliono cambiare vita e lavoro?

"Certamente. Il desiderio di dire basta ai lavori usuranti e ai ritmi delle aree urbane influisce non poco. Molti vogliono cambiare vita e già abbiamo avuto esperienze di professionisti che hanno abbandonato lavori sicuri e ben pagati per venire a vivere nell’area protetta dedicandosi soprattutto all’ospitalità turistica. Alcuni hanno abbandonato e altri sono fortunatamente restati".

C’è anche stata una scoperta o ri-scoperta dell’Appennino.

"Così come ci sono nuove sensibilità verso gli animali. Ma, ripeto, fare il pastore e l’allevatore vuol dire soprattutto all’inizio fare tanti sacrifici, mettersi in gioco profondamente. Siamo convinti, comunque, che grazie al ritorno di una pastorizia qualificata e formata è possibile rigenerare i territori delle aree interne e rilanciarli in chiave turistica, culturale, favorendo attività economiche sostenibili anche da un punto di vista ambientale. E questa è in fondo la missione del Parco nazionale".

Quali sono le tappe del progetto e chi sono i vostri partner?

"Il progetto nasce dalla collaborazione tra Parco, Regione Toscana, Università di Firenze, Unione dei Comuni del Casentino, Dream Italia, che coordina il progetto, e le associazioni Difesattiva, Rete Appia e Slow Food. In attesa delle domande e della successiva selezione, stiamo stringendo gli accordi con le aziende dei tre versanti del Parco, dalla Romagna al Mugello, che ospiteranno l’esperienza diretta dei corsisti dopo che avranno terminato le lezioni teoriche alle Officine Capodarno di Stia. Il percorso dovrebbe finire a fine ottobre. Gli orari saranno compatibili per chi già lavora".