"Provincia di Romagna, servono più poteri"

Il presidente di Forlì-Cesena, Enzo Lattuca, è favorevole alla proposta delle cooperative, ma avvisa: "L’ente attuale va riformato"

Enzo Lattuca

Enzo Lattuca

Tre Province sono troppe, ne serve una sola. L’appello di Confcooperative, Legacoop e Agci, di qualche giorno fa, ha riportato d’attualità il tema della fusione amministrativa della Romagna. Sullo sfondo c’è la cabina di regia per i fondi del Pnrr, che secondo le centrali cooperative andranno gestiti a livello romagnolo per non disperdere le forze. Argomento ripreso anche da Confindustria Romagna, che da tempo auspica anche una Camera di commercio unica (Ravenna non ne fa parte). Il mondo delle imprese lancia la palla sul campo della politica, che deve trovare gli strumenti idonei a realizzare una Provincia con funzioni analoghe alle Città Metropolitane. 

" La Provincia unica di Romagna è un grande progetto, giusto e ambizioso, ma anche complesso e faticoso. Vale la pena battersi se la legge cambia e assegna alle province le stesse funzioni delle città metropolitane. Altrimenti il gioco rischia di non valere la candela". Enzo Lattuca, sindaco di Cesena e presidente della Provincia, da molti anni è favorevole all’idea rilanciata nei giorni scorsi dalle centrali cooperative e da Confindustria.

Lattuca, quale sarebbero i vantaggi di un solo ente per tutta la Romagna?

"Il vero salto di qualità l’avremmo se la Provincia potesse occuparsi di programmazione strategica, come fa oggi la Città Metropolitana di Bologna. Ciò permetterebbe una vera prospettiva di sviluppo. Oggi come oggi per il cittadino la Provincia è l’ente delle strade provinciali, appunto, e delle scuole superiori. Stop. Con queste funzioni qui non si risponde certo alle esigenze giustamente sollevate dal mondo delle imprese".

La legge però oggi non c’è: volendo continuare nel progetto, come si può realizzarlo?

"Occorre che una maggioranza qualificata di comuni, come numero e come popolazione, voti lo stesso testo. Ma non sarebbe questo il problema".

Lei teme una macchina inadeguata.

"Sì, al momento il presidente della Provincia di Forlì-Cesena, che non è nemmeno a tempo pieno e ha consiglieri volontari che fanno anche altro, a malapena riesce a rispondere alle sollecitazioni dei 30 sindaci. Proviamo a immaginare, se non cambiasse nulla, come potrebbe rapportarsi con un territorio enorme come la Romagna e 70 comuni diversi. Ci vogliono uffici e strutture commisurate al progetto".

Per cambiare le norme occorre una maggioranza in Parlamento: campa cavallo.

"Intanto credo che la Provincia unica di Romagna dovrebbe essere uno dei temi principali per la prossima campagna elettorale. Chi va alla Camera o al Senato deve impegnarsi su questo".

Qual è la differenza fra Provincia unica e Regione Romagna?

"La distanza è abissale, qui si tratta di fondere tre province, non di dividere una regione".

Spieghi meglio.

"Non c’è nulla di identitario e di campanilistico nella Provincia romagnola, ma è lo strumento per realizzare al meglio politiche di area vasta. La Regione Romagna è una proposta priva di senso, oggi noi romagnoli siamo una parte importante di una delle più grandi regioni d’Europa, domani saremmo magari bravi e simpatici, ma di fatto irrilevanti".

Resta il problema del campanilismo: nella storia tanti progetti di perimetro romagnolo sono falliti. Non sarebbe un ostacolo anche alla fusione provinciale?

"Non fingo di ignorare le situazioni critiche che ci sono state, ma sono sicuro che quello che hanno fatto e stanno facendo assieme le tre province di Romagna non l’ha fatto nessuno, in Italia. Non sarebbe questo il problema".