REDAZIONE IMOLA

Il calo dell’affluenza. Feliciani è convinto:: "Nella nostra società manca l’idea di futuro"

Ex vicesindaco e presidente del consiglio comunale, si iscrisse alla Democrazia Cristiana sessant’anni fa, nel 1964 "Ora si guarda ai propri interessi, senza considerare i partiti".

Il calo dell’affluenza. Feliciani è convinto:: "Nella nostra società manca l’idea di futuro"

"Mancano idee e soprattutto manca un’idea di futuro". Sono passati sessant’anni da quando Vittorio Feliciani si iscrisse alla Democrazia Cristiana nell’ormai lontano 1964. Da allora, l’ex vicesindaco nella giunta di Raffaello De Brasi ed ex presidente del consiglio comunale, presenza costante nella politica imolese per decenni, ha visto il Paese e la politica cambiare. E dalle affluenze alle urne di un tempo, per esempio l’ormai irraggiungibile 89,88% alle politiche del 1996, quasi trent’anni fa, arriviamo al 56,2% registrato in città in occasione delle Europee di sabato e domenica, ultimo capitolo di un costante declino alle consultazioni continentali: 80,24% nel 2004, 72,65% nel 2009, 68,1% nel 2014 e 63,36% alle Europee nel 2019.

Feliciani, come si avvicinò alla politica?

"Avevo 23 anni e facevo il tirocinio all’azienda agraria degli ospedali. Allora era presidente Laerte Poletti, fu lui a prendermi. Ne nacque un dialogo che divenne un discorso politico ed entrai nella Dc".

Perché oggi non si va più a votare come un tempo?

"L’idea me la sono fatta guardandomi allo specchio. Mi sono guardato e mi sono detto... andiamo pure a votare anche questa volta. Non è una forma molto entusiasta di partecipazione come può capire".

Cosa la disturba?

"Seguo poco i dibattiti televisivi perché mi pare che si sappia soltanto litigare. Nella politica ci sta, ci mancherebbe, però litigano a sostenere in modo ideologico le proprie tesi, non il ragionamento. Sono osizioni di chi difende un interesse che sta dietro a un’idea politica. E allora se c’è il sole, il mare è una bella alternativa al voto...".

Non sarà solo questo.

"Io penso che si sia persa in molti l’idea del futuro, lo vedo in tantti aspetti, in tutta la società. Il calo della natalità per esempio ne é un sintomo, c’è però tutto un senso di precarietà che parte proprio dalla politica e investe vari ambiti. La gente perde la voglia di partecipare, si distacca: ’chi me lo fa fare?’ dice".

Una volta c’era una forte presenza dei partiti.

"Sì, tempo addietro si trovava nel partito la possibile risposta alle aspettative. Adesso mi pare che questa risposta non ci si aspetti più di trovarla nella politica, ma nelle aggregazioni di interesse. Sono un pensionato? Allora vado con chi mi dà prospettive per una pensione durevole e decente, senza guardare alle idee complessive. I risultati politici mostrano questi cambiamenti: l’idea che ci sta dietro conta poco. E poi c’è il problema che chi rappresenta le idee non è sempre in grado di rappresentarle al meglio".

In queste Europee cosa ha visto?

"Ecco, devo dire che sono contento che siano emerse un po’ di idee e forse si è visto nei risultati. Sono contento che la Schlein su questo aspetto abbia dato un buon esempio. E così anche Tajani è riuscito a far capire che ha un’idea di Europa. Meloni invece dice sempre vorremmo un’Europa diversa, ma serve qualcosa di più di un’intenzione, non è detto che diverso mi piaccia...".

Cosa pensa di Meloni?

"Qui parla anche la mia storia, lo dico, credo che a oggi la proposta migliore arrivi dal centrosinistra. Per quanto riguarda Meloni credo che se facesse i conti con la storia, una storia che non ha nemmeno vissuto, senza arrabbiarsi, come consensi potrebbe aumentare ancora di più".

Patrick Colgan