"Lavoro, manca personale con alta formazione"

Gasparri (Confindustria): "Il reddito di cittadinanza ha creato una generazione che valuta più comodo restare a casa"

Migration

di Mattia Grandi

Il lavoro, un tempo, nobilitava l’uomo. Oggi, invece, la ricerca di un’occupazione pare essere per molti un’esigenza meno pressante. Sintomo delle epoche che cambiano. Così tra aste al rialzo per accaparrarsi le professionalità più referenziate, e qui la parte del leone la recitano le multinazionali con i loro ampi margini di contrattazione, e mutati equilibri tra domanda ed offerta, il mercato delle risorse umane ha smarrito le proprie certezze.

"La competizione tra aziende per la ricerca di figure professionali è generale perché manca personale formato adeguatamente – analizza Marco Gasparri, presidente della delegazione imolese di Confindustria –. Non è questione di realtà piccole o grandi. Viviamo in un territorio ad altissimo assorbimento di identità tecniche". E c’è meno voglia di mettersi in gioco.

"E’ una delle prime conseguenze del reddito di cittadinanza – prosegue –. Ha creato una generazione, senza una specifica età anagrafica, che valuta più comodo sostenersi con quanto percepisce stando a casa. Un dato che fa coppia con lo scarso funzionamento dei navigator o tutor, che avrebbero dovuto accompagnare i disoccupati dalla presa in carico nei centri per l’impiego fino all’assunzione".

E non è finita: "Il Covid ha consolidato il pensiero di certe persone convinte del fatto che, in fondo, occorra poco per vivere restando tra le mura domestiche – aggiunge Gasparri –. È cambiato il metro di misura di quella ‘life balance’ che in passato contrapponeva all’intera settimana lavorativa la sola sosta domenicale".

Per Amilcare Renzi, segretario di Confartigianato Bologna Metropolitana, l’impennata del problema è reale.

"La forte ripresa economica post pandemica ha dovuto fare i conti con la scarsità delle materie prime e con la carenza delle professionalità ricercate – osserva –. L’estrema mobilità dei lavoratori crea processi di turnazione che impattano sulla fidelizzazione all’impresa, sulla formazione e sulla qualità delle prestazioni eseguite".

E servono correttivi alla svelta. "Le distorsioni del mercato del lavoro si eliminano con politiche attive per mettere in relazione le esigenze delle imprese con le competenze dei nostri giovani – continua –. Occorre materializzare i presupposti per ricostruire quello spirito di appartenenza che permetteva ai ragazzi di entrare in un’impresa da protagonisti. Percorsi valoriali che il nostro mondo è in grado di mettere in campo se ognuno, per la parte che gli compete, si impegna a favorirli".

Sul tema interviene anche Luca Palladino, numero uno di Cna Imola Metropolitana: "Le problematiche legate alla sfera occupazionale sono tra quelle che più preoccupano gli imprenditori, soprattutto delle piccole e medie imprese – sottolinea –. Il mondo si trasforma e tra pandemia, guerre e crisi energetica si accentuano quelle criticità in parte già note. Così il paradosso è servito perché, nonostante le difficoltà del periodo, le aziende sono pronte ad assumere". Bisogna invertire la rotta alla svelta. "Serve uno sforzo da parte di tutti. Potenziare la formazione dei nostri giovani e favorire quelle politiche che vanno incontro alle esigenze degli imprenditori – conclude Palladino –. Superare i limiti di alcune norme sul lavoro che non hanno funzionato, come il reddito di cittadinanza. Indispensabile poi l’analisi del quadro demografico e la gestione dei flussi migratori. Un Paese che sostiene i giovani è un Paese che guarda al futuro".