Maria Josè, un incidente avvolto nel mistero

L’appello del fratello della ricercatrice: "Voglio chiarezza"

Maria Josè Esposito morì nella sua auto divorata dalle fiamme. Era il 21 agosto 2017

Maria Josè Esposito morì nella sua auto divorata dalle fiamme. Era il 21 agosto 2017

Imola, 21 maggio 2018 - «A me interessa la verità». E secondo Emanuele Esposito, la verità sulla morte della sorella Maria Josè non è ancora emersa. Maria Josè Esposito, ricercatrice e docente universitaria nota in Italia e in Europa, morì in un drammatico incidente stradale accaduto il 21 agosto 2017 sulla Montanara a Fabbrica. La Panda di cui era alla guida uscì di strada, colpì un platano a ridosso della sede stradale e prese fuoco. La sfortunata docente perse la vita nel rogo. Il fratello di Maria Josè da allora non si dà pace.

«Ho dato incarico a un consulente di parte di investigare sulla dinamica dell’incidente e di ricostruire l’accaduto – spiega –. Pare che non abbia ‘tenuto’ la valvola salvavita della vettura (valvola che deve impedire l’innesco di un incendio in caso di incidente, ndr). E dallo studio dei danni sul corpo vettura è emerso che l’impatto della Panda è avvenuto quando questa procedeva a una velocità di 27,8 chilometri all’ora su un tratto rettilineo della provinciale lungo 96 metri».

«La forza di polizia intervenuta poi per i rilievi di legge ha sentito un teste che aveva incrociato la Panda di mia sorella e che aveva arrestato la propria marcia a cinquecento metri di distanza – prosegue Emanuele Esposito –. C’è da sottolineare che mia sorella, che stava scendendo verso Imola, aveva fatto il pieno di metano 40 minuti prima dell’incidente (avvenuto alle 20.48), e che la vettura non presentava, in quel momento, quell’ammaccatura su una fiancata poi rilevata. L’auto era intonsa». La Panda era stata urtata da qualche altro veicolo e in seguito a questo la conducente ne aveva persoi il controllo? «C’è un’inchiesta in corso, da parte della Procura di Bologna – riprende Esposito –. E’ stato dato incarico al ctu di recarsi al deposito dove è ancora conservata la Panda di mia sorella, ma mi risulta che questa verifica non sia stata ancora effettuata».

«Ripeto: a me interessa la verità – conclude Esposito – Ogni quindici giorni vengo a Imola a portare i fiori sul luogo dove è morta Maria Josè. Era brava, nella vita e sul lavoro. Aveva collaborato con gli atenei di Cambridge, Oxford, Bruxelles, aveva più di venti pubblicazioni internazionali (incentrati soprattutto sulla fase Rem del sonno, ndr). Quando ci sono stati i funerali, a Imola, sono state conteggiate quasi 1.900 persone alla camera mortuaria. Le dobbiamo la verità».