Imola, 21 maggio 2018 - «A me interessa la verità». E secondo Emanuele Esposito, la verità sulla morte della sorella Maria Josè non è ancora emersa. Maria Josè Esposito, ricercatrice e docente universitaria nota in Italia e in Europa, morì in un drammatico incidente stradale accaduto il 21 agosto 2017 sulla Montanara a Fabbrica. La Panda di cui era alla guida uscì di strada, colpì un platano a ridosso della sede stradale e prese fuoco. La sfortunata docente perse la vita nel rogo. Il fratello di Maria Josè da allora non si dà pace.
«Ho dato incarico a un consulente di parte di investigare sulla dinamica dell’incidente e di ricostruire l’accaduto – spiega –. Pare che non abbia ‘tenuto’ la valvola salvavita della vettura (valvola che deve impedire l’innesco di un incendio in caso di incidente, ndr). E dallo studio dei danni sul corpo vettura è emerso che l’impatto della Panda è avvenuto quando questa procedeva a una velocità di 27,8 chilometri all’ora su un tratto rettilineo della provinciale lungo 96 metri».
«La forza di polizia intervenuta poi per i rilievi di legge ha sentito un teste che aveva incrociato la Panda di mia sorella e che aveva arrestato la propria marcia a cinquecento metri di distanza – prosegue Emanuele Esposito –. C’è da sottolineare che mia sorella, che stava scendendo verso Imola, aveva fatto il pieno di metano 40 minuti prima dell’incidente (avvenuto alle 20.48), e che la vettura non presentava, in quel momento, quell’ammaccatura su una fiancata poi rilevata. L’auto era intonsa». La Panda era stata urtata da qualche altro veicolo e in seguito a questo la conducente ne aveva persoi il controllo? «C’è un’inchiesta in corso, da parte della Procura di Bologna – riprende Esposito –. E’ stato dato incarico al ctu di recarsi al deposito dove è ancora conservata la Panda di mia sorella, ma mi risulta che questa verifica non sia stata ancora effettuata».
«Ripeto: a me interessa la verità – conclude Esposito – Ogni quindici giorni vengo a Imola a portare i fiori sul luogo dove è morta Maria Josè. Era brava, nella vita e sul lavoro. Aveva collaborato con gli atenei di Cambridge, Oxford, Bruxelles, aveva più di venti pubblicazioni internazionali (incentrati soprattutto sulla fase Rem del sonno, ndr). Quando ci sono stati i funerali, a Imola, sono state conteggiate quasi 1.900 persone alla camera mortuaria. Le dobbiamo la verità».