di Raimondo Montesi
L’estremo saluto a Valeriano Trubbiani non poteva avvenire che nella sua Candia, lontano dalla pazza folla, la piccola oasi collinare dove scelse di vivere. Il grande artista ci ha lasciato. C’è chi in questi giorni ha parlato di (profano) ‘volo in cielo’ e chi ha evocato la fede. Lui, cristiano inquieto, incapace di portare su di sé il fardello di un mondo oppresso e sofferente, ma capace di rappresentarlo come pochi altri, chissà cosa avrebbe detto in merito alla propria morte. Forse avrebbe disegnato un’opera, con l’abilità sconosciuta a chi pensa a lui solo come grande scultore. Il piccolo grande demiurgo (ma lui si sarebbe schermito: non amava le celebrazioni, e soprattutto le autocelebrazioni), nato maceratese ma anconetano per affinità elettiva, sotto i riflettori non voleva proprio starci. Tanto che Giorgio Cegna ricorda che a volte "non andava neppure alle inaugurazioni delle proprie mostre". Banale dirlo, ma in questo caso ci sta: le opere parlavano per lui. Perché aggiungere parole, inutili, nel migliore del caso? A meno che Trubbiani non avesse deciso di svelare i propri segreti. Ma l’arte non si svela, e non si spiega. Certo, lui la spiegava agli studenti del Liceo artistico ‘Mannucci’, ma questa è un’altra storia. L’attuale dirigente scolastico Francesco Maria Orsolini in una nota ricorda che "la presenza di Trubbiani come artista e didatta nell’istituto è stata riattualizzata in autunno grazie alla disponibilità del maestro a svolgere il ruolo di ispiratore e guida creativa del progetto ‘La bellezza salverà il mondo’. E’ intervenuto all’incontro con gli studenti dando testimonianza di straordinaria intensità emotiva e intellettuale, conclusa da un applauso interminabile". Di applausi se ne sono sentiti anche nella chiesa di Candia. Meritati quelli rivolti all’assessore Paolo Marasca, presente con il sindaco Mancinelli, e quelli del commosso amico Cegna sopra citato. Meno quello rivolto al parroco Don Stanislao, tanto che qualcuno se ne va ("E’ tremendo", esclama un signore uscendo dalla chiesa). La conduzione del rito funebre è tutta un andar sopra le righe (forse il Nostro pensava di star celebrando un matrimonio), che si conclude degnamente con un invito al sindaco ad ‘aver cura’ del parcheggio dietro la chiesa. Molti si scambiano sguardi allibiti. Altri avanzano ipotesi dipsomaniache. La chiesa non è piena, per ovvi motivi. In tutto ci saranno una settantina di persone. Non è tempo di assembramenti. Il sindaco di Macerata Carancini dichiara che "Trubbiani ha reso il senso del popolo, le difficoltà esistenziali di tutti. Ha rappresentato un’anima, un modo di essere". L’amico Cegna rivela: "Dante Ferretti (lo scenografo vincitore di tre Oscar) mi ha chiamato piangendo mi ha detto di venire qui a salutare Valeriano". Addio maestro, nessuno si scorderà di te. Lo dice Marasca: "Il suo carattere intimo, il rispetto della sfera privata, la sua schiettezza non devono trarci in inganno, e non dobbiamo mai dimenticare la sua grandezza e il fatto che lui ci supererà nei tempi, nei decenni e nei secoli, come spetta ai grandi".