
Risale al maggio del 1991 l’inquinamento delle falde idriche. Una contaminazione di origine industriale, causata da sversamenti industriali nel terreno di sostanze chimiche usati nella lavorazione delle calzature. Tricloroetano, tetracloroetilene e percloroetilene gli agenti mappati e cancerogeni. Scattò l’emergenza idrica con i rubinetti chiusi e la città costretta a rifornirsi dalle autobotti. Ancora oggi sono necessari investimenti pubblici per depurare l’acqua di falda, costantemente monitorata da Arpam e Atac. Sono passati più di trent’anni, ma Civitanova deve ancora misurarsi con un danno irreversibile e per il quale nessuno ha pagato. Il sito inquinato, di interesse nazionale, del Basso Bacino del Chienti venne istituito dal ministero dell’Ambiente nel 2001 e la perimetrazione comprende aree di Civitanova, Montecosaro, Morrovalle, Porto Sant’Elpidio, Sant’Elpidio a Mare: 26 chilometri quadrati di cui 16 nella provincia di Macerata, con anche 4 chilometri di spiaggia, dall’estremità settentrionale di Porto Sant’Elpidio a Civitanova. Nel 2009 l’Arpam e la Provincia di Macerata presentarono un progetto per avviare la bonifica della falda il cui costo ammontava a circa 4 milioni di euro, ma con il cambio della guardia al governo provinciale subentra una società che vara un progetto difforme all’originale e porta il costo della decontaminazione a 10 milioni, bocciato dal ministero. Si blocca tutto. Passati 32 anni dall’inizio dell’emergenza la contaminazione resta e con gli inquinatori la resa dei conti non c’è mai stata.