Padre Maggi: “Chiese aperte? I nostri vescovi vadano a vedere le tante persone intubate negli ospedali’’

Il teologo e biblista, direttore del centro studi biblici di Montefano: “Mi fido più di un primario di rianimazione che conosce la grave situazione’’

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Macerata, 29 aprile 2020 – "Tra l’assemblea dei vescovi e un politico, mi fido più di un primario di rianimazione, che è in prima linea e sa che la situazione è ancora gravissima . Perciò, dico che ai vescovi non farebbe male una passeggiata nelle corsie, per vedere le persone intubate". Parole di padre Alberto Maggi, teologo, biblista e frate dell’ordine dei Servi di Maria, direttore del centro studi biblici di Montefano . Padre Maggi non comprende la presa di posizione della Cei, che dopo l’uscita del nuovo decreto, aveva espresso il disappunto dei vescovi per il protrarsi della chiusura alle messe con una partecipazione dei fedeli. Padre Alberto Maggi, perché la pensa diversamente? "Mi pongo domande pratiche sulla ripresa del culto. Il Papa ha detto di rispettare le regole. Premesso che l’eucaristia è il momento più importante per la comunità dei credenti, ora non ci sono le condizioni per celebrarla. Siamo ancora in un periodo molto delicato, il virus è in giro e c’è il rischio di tornare in una fase ancora più difficile. Concretamente, come si fa a celebrare con le mascherine? Mi igienizzo le mani? Io, sacerdote, come faccio a sapere se sono positivo e asintomatico e posso trasmettere il virus durante la comunione? Se il fedele ha la mascherina, la abbasso? All’ingresso della chiesa il prete dovrebbe misurare a tutti la febbre col termometro? Credo sia ridicolo, oltre che molto complicato. Molti partecipanti alle celebrazioni sono anziani, la categoria più a rischio, e non è detto che indossino la mascherina. Non vorrei mai avere sulla coscienza il fatto che qualcuno possa ammalarsi . Dio non è solo nel rito, ma soprattutto nella vita. I vescovi non possono imporre il loro punto di vista senza considerare gli altri religiosi. Non c’era il bisogno di una presa di posizione Cei". Per i fedeli a cui manca l’eucaristia? "L’eucaristia è preziosa, perché Dio si fa pane. Ma in questo periodo arriva comunque la sua parola, è importante comunicare vita. Noi leggiamo il Vangelo su YouTube con oltre cinquecento persone sintonizzate in un’ora, e la stessa cosa vale per conventi e parrocchie, che si sono attrezzati sui nuovi canali social, adeguandosi alla circostanza, ma restando vicini ai fedeli. La fede non deve essere fanatismo. A chi obietta che è stato però concesso di tornare al lavoro, spiego che tante famiglie senza lavoro non campano". Questa circostanza potrebbe creare malumori all’interno della Chiesa? "Quando si sceglie il bene, si è certi di stare dalla parte giusta. La pandemia e la chiusura delle chiese vanno viste come un’occasione provvidenziale per scoprire che il Signore è soprattutto nella vita. Nella solidarietà, è lì che bisogna cercarlo. Adesso non so se i preti educati solo al rito si sentono come disoccupati. Non so se la Cei parla perché deve parlare o ha pressioni politiche. Ciò che conta è dare la parola di Dio, di vita, alle persone".