Guerra Ucraina, gli sposini in fuga dall’inferno di Kharkiv

Ayyoub e Anna, viaggio della speranza fino a Monte San Martino. "Il 23 febbraio avevamo presentato la domanda di matrimonio, la nostra casa distrutta dai bombardamenti"

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Macerata, 5 marzo 2022 - Il 23 febbraio hanno presentato la domanda di matrimonio all’anagrafe di Kharkiv, il giorno dopo è scoppiata la guerra. È la storia di Ayyoub El Khalidi e Anna Radchenko. Lui, marocchino, oggi compirà 28 anni, frequenta la facoltà di medicina e ha lavorato come oculista in una clinica. Lei, 21enne ucraina, studia lingue all’Università e tra quattro mesi avrebbe dovuto ottenere il diploma (intanto, aveva insegnato anche in un liceo). Si considerano comunque moglie e marito. Ora sono in salvo, a Monte San Martino, dove vive la famiglia di Ayyoub da tanto tempo. Il capofamiglia, El Hassane (El Khalidi), ha sei figli (due femmine e quattro maschi).

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È stato uno di loro ad andare a recuperare il fratello e la cognata in auto al confine ungherese. Dall’altroieri sono arrivati nel paesino dell’entroterra e ora vivono in otto in un piccolo appartamento, una casa popolare. Dormono in salotto. Per questo, la famiglia lancia un appello: "Se qualcuno, anche a Macerata o sulla costa, avesse la possibilità di ospitare Ayyoub e Anna sarebbe un gesto bellissimo. Si spostano facilmente e vorrebbero imparare la lingua". Sono vivi per miracolo. Il giorno dopo della fuga, la loro casa è stata bombardata. "È molto difficile lasciare il Paese in cui si è cresciuti – racconta Anna, che ha i genitori a Kharkiv (e con cui è sempre in contatto telefonico) –. Nella mia città ci sono razzi, carri armati, bombe, persone con mitragliatrici, distruzione, morti, panico. Non ci sono abbastanza cereali, pane, acqua, cibo: tutta la gente è nei sotterranei e in metropolitana. Abbiamo lasciato la nostra casa sotto tiro, non avevamo scelta: o andavamo via o restavamo intrappolati".

La giovane ucraina spiega che è stato molto complicato per lei e Ayyoub arrivare alla stazione. "Migliaia di persone cercavano di lasciare la città – continua –. Eravamo in dodici in uno scompartimento per quattro, con bambini, anziani, giovani. Ci vogliono 12 ore per andare da Kharkiv a Lvov, ma ce ne abbiamo messe 24, non riuscivamo a respirare e non si poteva andare in bagno". Poi lei e il marito sono rimasti per 12 ore alla stazione di Leopoli, aspettando un altro treno che li portasse al confine con l’Ungheria. "Tutte le auto erano piene di bimbi – racconta –, ma grazie a Dio una famiglia ci ha portato fino in Ungheria". Un viaggio della speranza durato cinque lunghi giorni.

"Ancora non riusciamo a dormire – dice Anna –, ogni rumore ci spaventa. La mia famiglia non è riuscita a uscire da là, i ponti sono stati fatti saltare in aria. Sono molto preoccupata per il mio Paese e i miei cari". La città è sotto assedio, tra le più colpite dai russi. "È un inferno – aggiunge El Hassane, 65enne –, ma almeno ho di nuovo con me un pezzo di cuore. Ringrazio per aver potuto riabbracciare mio figlio e Anna, che ora sono qui con me". "Il diploma di Ayyoub è rimasto all’Università di medicina – dichiara Anna –. L’edificio è distrutto e non possiamo chiederlo. Abbiamo lasciato la città senza niente: tutto è rimasto a casa, abbiamo solo due zaini nelle nostre mani, uno col cibo e l’altro con i medicinali". Ora diventa più che mai fondamentale organizzare l’accoglienza. A Monte San Martino, tramite il sindaco Matteo Pompei, si sono attivati da subito. "C’è tanta disponibilità a ospitare – spiega –. Anna è la prima ucraina arrivata da noi. Si vede dai suoi occhi ciò che significa la guerra e cosa ha passato. Ci siamo attivati per sistemare la coppia in un posto migliore. Sto parlando anche con i titolari di strutture ricettive per sviluppare al meglio il sistema. Occorre solidarietà, perché arriveranno molte persone sul territorio".