
di Paola Pagnanelli
Una lettera diffamatoria ai vertici dell’Asur ha fatto finire nei guai due settempedane, Sara Stracci e Mattea Gentili, condannate per diffamazione ai danni di una infermiera. Il fatto risale all’agosto del 2018.
Una infermiera in servizio all’ospedale di San Severino, Stefania Caciorgna, sapendo che l’ex marito era ricoverato all’hospice in condizioni critiche era andata a trovarlo, per avere modo di parlare con lui. Al reparto aveva trovato la ex suocera, Gentili, e la ex cognata Stracci, che avrebbero tentato di bloccarla vietandole di andare dall’uomo. L’infermiera però era riuscita comunque ad andare e a parlare con il ricoverato, e dopo pochi minuti se ne era andata dal reparto.
Qualche giorno dopo, il 23 agosto una lettera fu recapitata all’Azienda sanitaria, al direttore sanitario di San Severino, all’Urp dell’Area vasta 3 e anche al tribunale del malato di San Severino. In questa lettera, Stracci e Gentili avrebbero raccontato che l’infermiera si era presentata all’hospice urlando e insultando, che aveva insistito per parlare con l’ex marito per ricavarne qualche vantaggio economico e che soprattutto sembrava alterata come se fosse sotto l’effetto di qualche sostanza. Soprattutto questo ultimo elemento aveva allarmato la direzione sanitaria, ed era partito un accertamento amministrativo interno per chiarire come fossero andate le cose. Sentendo però le altre persone presenti, era emerso che l’infermiera si era comportata in maniera del tutto normale, e che non sembrava affatto alterata, men che meno da qualche sostanza.
Così il procedimento era stato archiviato, ma l’infermiera a sua volta aveva subito denunciato le due ex parenti, accusandole di averla diffamata con i suoi vertici. Il caso è finito ieri all’esame del giudice di pace di Camerino Antonino Di Renzo Mannino.
In base a quanto ricostruito nel corso delle udienze, il giudice di pace ha ritenuto le due donne colpevoli del reato di diffamazione, e le ha condannate alla pena di 800 euro di ammenda, e a risarcire tutte e due con 5mila euro a testa l’infermiera, che era parte civile con l’avvocato Oberdan Pantana. Le due imputate, difese dall’avvocato Sergio Poeta, ora potranno comunque fare appello contro la sentenza.