FRANCO VEROLI
Cronaca

La crisi demografica: "Meno potenziali madri e incertezze economiche. Come invertire la rotta"

Il viaggio del Carlino e di Confindustria nella società che cambia. La ricercatrice Minello: "Scegliere di non avere figli è un diritto,. ma una comunità senza giovani va incontro a delle conseguenze".

La crisi demografica: "Meno potenziali madri e incertezze economiche. Come invertire la rotta"

La crisi demografica: "Meno potenziali madri e incertezze economiche. Come invertire la rotta"

Un viaggio nell’economia e nella società che cambia. È quello che abbiamo intrapreso insieme a Confindustria Macerata, ascoltando studiosi ed esperti per comprendere le tendenze in atto e mettere a punto le strategie per costruire il futuro. Oggi affrontiamo il problema del calo demografico. Ne abbiamo parlato con Alessandra Minello, ricercatrice in demografia al Dipartimento di Scienze Statistiche all’Università di Padova, studiosa delle differenze di genere in Italia e in Europa negli ambiti della famiglia, della scuola e del lavoro. Autrice per Feltrinelli di "Genitori alla pari. Tempo, lavoro, libertà" (con T. Nannicini, 2024) e per Laterza di "Non è un Paese per madri" (2022), cura per Save the Children il rapporto "Le equilibriste".

In provincia di Macerata nel 2023 i nati sono stati 1.892, 1.122 in meno rispetto ai 3.014 del 2009. Perché si fanno meno figli?

"Il primo motivo è che ci sono meno potenziali madri, meno donne in età feconda. Secondo l’Istat è questo motivo strutturale che maggiormente spiega la riduzione delle nascite. Poi ci sono altre motivazioni per cui anche chi potenzialmente potrebbe essere genitore non lo diventa. L’incertezza economica è una ragione importante: nelle coppie in cui entrambi hanno un lavoro a tempo indeterminato la fecondità è più alta. Questo si lega alla paura del futuro. Tra crisi economica, pandemia e conflitti bellici l’incertezza si estende in varie direzioni e non aiuta una pianificazione a lungo termine. Spesso a mancare sono, poi, i servizi per la cura dei bambini e delle bambine, che non hanno copertura ampia, o hanno prezzi non sostenibili. Al di là del momento della nascita, le famiglie si ritrovano a gestire la vita dei figli in maniera individuale, spesso dovendo contare esclusivamente sulle proprie spalle o su quelle delle famiglie di origine, che non sempre sono disponibili. Infine, c’è anche una parte di giovani che non vuole avere figli".

Gli effetti della denatalità si fanno sentire pesantemente. Nella nostra provincia, dal primo gennaio 2013 al primo gennaio 2023, i giovani (15-34 anni) sono passati da 67.959 a 59.504, 8.455 in meno, una diminuzione del 12,4%. Che cosa rischiamo?

"Una premessa è d’obbligo: va evitato di responsabilizzare i potenziali genitori, e in particolare le potenziali madri, per il calo della fecondità. Scegliere di non avere figli è un diritto, scegliere di non averli se il contesto non garantisce il supporto necessario è una decisione libera. Detto questo, è chiaro che una società senza giovani ha delle conseguenze: la prima è che va ripensato il modello previdenziale, visto l’arrivo della generazione dei baby boomer nella fascia d’età pensionabile, che insieme all’allungamento della speranza di vita crea uno sbilanciamento ancor più ampio tra generazioni. Pochi giovani significa anche meno innovazione, gli spazi di una società si restringono per le generazioni meno numerose, così come la loro forza politica. Sarà necessario un investimento importante sulla cura delle generazioni anziane, che rischia di togliere risorse alle famiglie più giovani".

Quali provvedimenti devono essere assunti?

"Invertire la tendenza, essendoci la questione strutturale della mancanza di potenziali genitori, è difficile, a meno di non ripensare le politiche migratorie tanto da includere una buona parte della componente giovanile mancante. È poi possibile agire per mettere chi lo desidera nelle condizioni di avere il numero di figli desiderato, ma meno, soprattutto nell’immediato, di convincere chi non li desidera ad avere dei figli. Per quanto riguarda le politiche per le famiglie, sarebbe importante un investimento economico maggiore a livello strutturale: incrementare l’importo dei benefit economici, agire verso l’aumento dei servizi per la prima infanzia e la loro fruizione gratuita, ma anche servizi scolastici ed extrascolastici accessibili, garantire supporto alle famiglie nei primi mesi di vita, offrire ai giovani opportunità di lavoro che si adattino a loro e supporto. Servono politiche che più che mirare solo a ridurre la denatalità vadano verso al direzione di aumentare la parità: congedi genitoriali obbligatori e paritari in primis".