LORENZO MONACHESI
Cronaca

La maxi demolizione: "In quei palazzi i ricordi di una città che non c’è più"

Il pittore Calisti ha vissuto al civico 103: mi sono commosso quando ho visto le ruspe "Dallo studio di Wladimiro Tulli alla parrucchiera: eravamo una grande famiglia".

La maxi demolizione: "In quei palazzi i ricordi di una città che non c’è più"

La maxi demolizione: "In quei palazzi i ricordi di una città che non c’è più"

"Mi sono commosso quando ho visto l’inizio della demolizione dei palazzi di via Maffeo Pantaleoni e mano a mano iniziavano ad affiorare i ricordi della mia infanzia". A parlare è il pittore Stefano Calisti, che con il via al maxi cantiere post terremoto nel quartiere Pace è tornato con la mente a quando abitava al civico 103. "Sotto la mia camera – ricorda l’artista nato nel 1958 – c’era lo studio di Wladimiro Tulli e in quel momento mi sono rivisto piccolo mentre sbirciavo dalla porta i suoi lavori, forse è stato allora che sono rimasto affascinato dalla potenza e dalla forza dei colori. E poi mi ricordo dell’elettricista Martello, del carabiniere Feliciani, del chirurgo Luciano Machella, del meccanico Romitelli". Erano altri tempi. "Allora stavamo tutti con le porte aperte ed era come se fossimo stati un’unica grande famiglia. Carla Tulli, figlia di Wladimiro, e Annalisa Romitelli, figlia del meccanico, mi tenevano in braccio essendo io il più piccolo".

Tanti palazzi sarebbero stati costruiti successivamente. "Dietro – ricorda Calisti – a quei palazzi che saranno demoliti c’era il famoso "scarcalacciu", cioè la discarica dove era un viavai di camion che scaricavano di tutto, e noi ragazzini giocavano in quel posto incuranti di tutto. Altre volte andavamo a giocare al mulino di Vignati e alla fine uscivamo tutti bianchi". Mano a mano che le ruspe abbattono quelle pareti emergono altri ricordi. "Nel palazzo poco più sopra del mio c’era Peppe dello spaccio dove compravamo le gomme da masticare a palline e lui era talmente buono che ogni tanto ci regalava la liquirizia. Poco più su c’era Peppe dell’orto, poi la parrucchiera Gianna che faceva i capelli a tutto il quartiere, poi il negozio di generi alimentari di Lapponi dove acquistavamo la cioccolata colorata rosa, bianca e marrone che ora non è più in vendita". Il suono di una trombetta avvisava le famiglie dell’arrivo dello scopino. "Aveva un secchio grande sopra alle ruote e quando suonava la trombetta la gente portava i rifiuti. C’era poi Ciribacco che girava con un’Ape celeste per vendere stracci e varechina". Prima della demolizione sono state tolte le porte e le finestre ai palazzi rimasti inagibili a causa delle scosse del 2016. "Mi ha fatto effetto vedere quegli scheletri, da bambino mi affacciavo in una di quelle finestre e la gente mi chiedeva l’imitazione di Celentano". Sono flash che all’improvviso tornano alla mente. "Ricordo l’eclissi di sole, sarà durata un quarto d’ora o venti minuti. Era pomeriggio quando all’improvviso il sole è sparito e si è fatto buio, in quel momento gli uccelli era come impazziti". Calisti continua il suo affresco di un’epoca. "Era il periodo delle prime cucine a carbone, delle prime televisioni in bianco e nero con Angelo Lombardi, l’amico degli animali, con il maestro Alberto Manzi e di Carosello".