FRANCO VEROLI
Cronaca

Macerata, la giornata del medico: “Noi aggrediti e mortificati: ora i corsi di autodifesa”

Mari (presidente dell’Ordine): “Carichi di lavoro enormi, il sistema non funziona.Tanti pazienti rinunciano a curarsi, uno su due costretto a rivolgersi ai privati”

Un medico in una corsia d'ospedale (foto di repertorio)

Un medico in una corsia d'ospedale (foto di repertorio)

Macerata, 25 maggio 2024 – Il gradimento dei cittadini italiani per la figura del medico si attesta attorno all’80%. Nello stesso tempo, però, aumentano le aggressioni nei pronto soccorso degli ospedali e nelle sedi di guardia medica. Per questo abbiamo deciso di organizzare per i medici da settembre dei corsi di autodifesa”. In occasione della giornata del medico 2024, in programma oggi alle 17 nella sede dell’Ordine provinciale (in via Famiglia Palmieri 6), il presidente Romano Mari sintetizza in questa contraddizione l’attuale difficile condizione in cui si trova la professione.

Come si spiega questa contraddizione?

“Dopo la pandemia, nel corso della quale i medici e tutto il personale sanitario hanno dato il massimo, la ripartenza li ha sempre più ridefiniti in tecnici della salute, piegando la loro attività solo a esigenze economico-finanziarie. Negli ospedali sono costretti a sostenere enormi carichi di lavoro (specie quelli che operano nei servizi di emergenza), sul territorio c‘è una forte carenza di medici di base che impone a quelli presenti un notevole numero di assistiti, non si prevedono turni di riposo per le guardie mediche. In questo modo si mortificano gli operatori della sanità, su cui si scaricano le tensioni generate da un sistema che non funziona. Ma i medici non sono tecnici, sono professionisti della salute, va recuperato e valorizzato il loro vero ruolo. Altrimenti la “grande fuga” non si interromperà”.

Vale a dire?

“Il Servizio sanitario nazionale non è più attrattivo come un tempo. I medici chiedono di lavorare in sicurezza e in serenità, potendo disporre di tutti i mezzi necessari per garantire il diritto alla salute dei cittadini. Se queste condizioni vengono a mancare, non c’è poi da stupirsi che molti, se potessero, andrebbero in pensione domani mattina, mentre tanti sono i giovani che vanno all’estero”.

Qual è la prima cosa da fare?

“Prima di tutto è necessario dotare la sanità pubblica di maggiori risorse. Tra i paesi dell’Unione Europea l’Italia è quello con il più basso livello di spesa sanitaria in rapporto al Pil. Eppure, basterebbe tener conto del fatto che un euro investito nella sanità pubblica genera un valore doppio, senza tralasciare gli effetti sull’occupazione: con una spesa come quella tedesca avremmo 1,5 milioni di occupati in più. Bisogna ridare slancio e vigore al Servizio sanitario nazionale, valorizzando le straordinarie professionalità di cui dispone, anche perché solo così si garantisce equità”.

A che cosa si riferisce?

“Considerate le difficoltà di accesso a prestazioni e servizi, si stanno verificando due situazioni drammatiche: 4,5 milioni di italiani rinunciano a curarsi, mentre di quelli che possono il 51,6% si rivolge ai privati. In questo modo si accentua la disuguaglianza e si nega il diritto alla salute”.