Macerata, da profughi a volontari: "Felici di renderci utili ma il futuro è un’incognita"

Le storie dei richiedenti asilo accolti dalla Croce rossa

(foto Calavita)

(foto Calavita)

Macerata, 17 ottobre 2017 – Sono arrivati in Italia da poco più di anno, sbarcati in Sicilia insieme a tantissimi altri connazionali in cerca di una speranza da cui ripartire. In alcuni casi erano analfabeti e nessuno parlava una sola parola di italiano. Oggi tre di loro sono diventati volontari della Croce rossa e, in attesa di capire e potranno rimanere nel nostro Paese anche al termine del progetto di prima accoglienza coordinato dalla prefettura, sono la dimostrazione pratica che integrarsi è possibile. «Ci sono persone che hanno fatto tanto per me quando sono arrivato e adesso io, visto che sono giovane e in forze voglio ricambiare quanto mi è stato dato – racconta Salissou Bastou, 21 anni originario del Togo –. Si pensa che tutti gli africani siano cattivi, voglio dimostrare che non è così e che non siamo tutti uguali». Salissou, con Fodè Boru e Gassama Lansana (rispettivamente di 20 e 31 anni, arrivati insieme dalla Guinea) fa parte del progetto di prima accoglienza ed è tra i 70 migranti che sono stati presi in carico dalla Croce rossa e che l’anno scorso ha deciso di frequentare il corso per volontari di primo soccorso per riuscire a fare qualcosa di concreto per il suo inserimento nella società.

«L’anno scorso sono stati tre i ragazzi che si sono iscritti al corso per volontari – racconta Micheal Ridolfi, responsabile amministrativo della Croce Rossa –, mentre quest’anno ne abbiamo altri quattro. Dopo il corso base, hanno fatto un approfondimento per quanto riguarda i trasferimenti e ora fanno servizio di trasporto in ambulanza». Salissou quando è arrivato ad aprile dell’anno scorso, era totalmente analfabeta e non conosceva l’italiano, ora dopo i corsi fatti sempre con la Croce rossa è in grado di scrivere da solo e di raccontare la sua storia senza il bisogno di un interprete, così come Gassama che nella Croce Rossa ha trovato la sua nuova famiglia: «In Guinea non ho più i genitori, sono sbarcato a Lampedusa e poi sono stato trasferito a Macerata, dove nella Croce rossa ho trovato una nuova casa. Ora la mia famiglia è qui e qui vorrei rimanere perché posso fare qualcosa di buono».

«Abbiamo trovato un lavoro umanitario che ci permette di renderci utili e speriamo di poterlo continuare», aggiunge Fodè Boru. Il problema, infatti, per i tre volontari, come degli altri migranti, è quello che una volta terminato il programma di accoglienza ancora non è chiaro se potranno rimanere in Italia o dovranno tornare nel loro paese d’origine. «Ancora non ci siamo trovati nella situazione di migranti che escono dai programmi di accoglienza – continua Ridolfi –, ma stiamo lavorando per capire come affrontare la situazione. Abbiamo in itinere, infatti, un progetto formativo finalizzato all’apprendistato che permetterebbe ai ragazzi di trovare un vero lavoro».

Quello in Croce rossa, infatti, è un percorso volontario che non garantisce nessuna certezza sulla possibilità di rimanere in Italia. E per ora l’integrazione sembra riuscita perché, come raccontano Alice Magi (mediatrice linguistica) e Selvaggia Sperandini (assistente sociale) non ci sono stati problemi e anche i pazienti quando vedono arrivare un ragazzo di colore in ambulanza non hanno alcun preconcetto.

Chiara Sentimenti