"Rosina si è rifugiata dai miei, voleva restare"

Dopo un episodio di violenza la 78enne era andata a dormire dall’amica Laura, morta da pochi giorni. "Per lei era come una sorella"

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di Chiara Gabrielli

"Mia madre e Rosina erano vicine di casa, quando erano bambine. Si può dire che sono cresciute insieme. Mia madre è scomparsa pochi giorni fa, si è lasciata andare da quando ha saputo che Rosina era morta, erano legate come fossero sorelle. È a casa dei miei genitori, in via Spalato, che Rosy era venuta a stare una notte, l’anno scorso, e aveva fatto capire che le sarebbe piaciuto restare a vivere lì. Oggi, vista la scena col senno del poi, era in cerca di un rifugio, di un posto dove sentirsi al sicuro". Rosy e Laura, amiche da tutta la vita. Se ne sono andate a pochi giorni di distanza l’una dall’altra. Rosina Carsetti, 78 anni, è stata uccisa nella sua villetta a Montecassiano, in via Pertini, nel pomeriggio della vigilia di Natale. I familiari hanno parlato di una rapina finita male, ma ora tutti e tre – il marito Enrico Orazi, la figlia Arianna e il nipote Enea Simonetti – sono indagati per l’omicidio dell’anziana, oltre che per simulazione di reato, favoreggiamento e maltrattamenti in famiglia. Rosina aveva chiesto aiuto al centro antiviolenza di Macerata, il 19 dicembre, e aveva un appuntamento con l’avvocato del centro il 29 dicembre. A raccontare un legame profondo, durato per tutta la vita, è il figlio di Laura, Daniele Botta, che ora, con le lacrime agli occhi, ricorda tutto l’affetto della mamma verso l’amica d’infanzia. "Si vedevano molto spesso – spiega Botta –, poi mia madre ha iniziato a non stare bene e i loro incontri si sono fatti più rari. Ma si sentivano al telefono. Negli ultimi tempi, dopo ogni chiacchierata con Rosi, quando riagganciava mia madre diceva ‘Povera Rosy, quanto soffre, quanto la fanno soffrire’, ecco, parola più parola meno diceva sempre così. Sapevo da mia madre che Rosina poteva stare solo sul divano e in cucina, e che le avevano tolto le disponibilità economiche. Ricordo quando, io ero bambino e poi ragazzino, si andava a pranzo tutti insieme, Rosina era spiritosa, brillante, sempre molto attiva". Sono passati gli anni, l’età e la malattia di Laura non hanno permesso la stessa frequenza di visite, l’una all’altra, a cui erano abituate. Ma quel legame è rimasto intatto, e al telefono si sentivano molto spesso. "Mia madre diceva che per lei era come una sorella – prosegue Botta –. So che Rosy si lamentava delle sue condizioni in casa da un tempo piuttosto lungo, non saprei dire quanto. Ma sono certo che c’è stata una sorta di escalation, la situazione è via via peggiorata rapidamente. Una volta, l’anno scorso, Rosy aveva dormito a casa dei miei". Botta non sa dire se questo si sia verificato la sera del giorno in cui la figlia Arianna l’avrebbe spinta, facendola cadere a terra e provocandole un dolore al braccio. "È possibile che si trattasse dello stesso giorno, ma non ne sono sicuro, forse era il giorno successivo. Comunque Rosy quella volta disse che se n’era andata di casa per dare una lezione ai familiari o qualcosa di simile, e anche per vedere come loro avrebbero reagito, se a quel punto, non vedendola rientrare, l’avessero cercata o se magari si fossero semplicemente preoccupati per lei, o ancora se avessero presentato una denuncia di scomparsa. Lei non avrebbe voluto lasciare casa dei miei quel giorno, tanto che disse ‘Posso cucinare, lavare, aiutare in casa. Posso restare qui con te’, disse a mia madre. Insomma si capiva che le sarebbe piaciuto rimanere, ma lì per lì poi si salutarono. Ricordo che fu mio padre a riaccompagnarla a casa, il giorno seguente – prosegue Botta –, la lasciò davanti al cancello". Il 24 dicembre, giorno dell’omicidio, "non sapevo come dire a mia madre che Rosina non c’era più – spiega Botta –, mamma infatti era ricoverata dal 16 dicembre. Alla fine mi sono fatto coraggio, anche perché lei aveva capito che dovevo dirle qualcosa di importante. Così l’ho fatto e la prima cosa che ha detto, sconvolta, è stata: ’Oddio, me l’hanno ammazzata’. In quel momento, mamma era su un letto d’ospedale, aveva anche contratto il Covid, eppure d’istinto ha detto questa frase, che lì per lì mi ha quasi sorpreso, mi ha colpito e mi è rimasta impressa. Mamma era distrutta quando ha saputo di Rosina. Non credeva alla storia del rapinatore. Ha pianto, molto. Ha detto che era tutto finito". Laura si è lasciata andare, racconta il figlio, "anche perché dopo poco è venuta a mancare anche la sorella. E abbiamo capito che si era stancata e aveva smesso di lottare. A un certo punto, è come se avesse staccato l’interruttore". Laura se n’è andata il 15 gennaio. "Tutto questo ci ha sconvolto – dice Botta –, e sono contento se posso essere utile in qualche modo ad arrivare alla verità e alla giustizia".