REDAZIONE MODENA

"Aemilia, tra Bianchini e la cosca rapporto fatto di reciproci scambi"

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla condanna a 9 anni all’imprenditore di San Felice "Emerge la figura dell’imprenditore colluso, c’è il concorso esterno nell’associazione mafiosa"

"Tra Augusto Bianchini e la cosca c’era un rapporto fatto di reciproci scambi e vantaggi, rientrante nel paradigma del concorso esterno in associazione mafiosa". Lo dice la Corte di Cassazione motivando le condanne definitive (oltre 70) emesse nel maggio scorso nell’ambito dell’inchiesta ’Aemilia’ dei carabinieri - la più importante sul crimine organizzato al nord - che ha svelato il radicamento della ’ndrangheta nell’economia e in parte nella politica emiliana, tra Parma e Reggio.

Al centro del filone modenese dell’inchiesta c’è l’imprenditore edile Augusto Bianchini di San Felice sul Panaro, oggi in carcere a Genova, condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La moglie Bruna Braga e il figlio Alessandro sono stati condannati rispettivamente a 2 anni e 2 mesi e 1 anno e 6 mesi. Secondo la Suprema corte, che ha respinto il ricorso degli avvocati di Bianchini (il professor Giulio Garuti e Simone Bonfante) "negli anni Bianchini ha intrattenuto consapevolmente rapporti con più esponenti della cosca radicata in Emilia – si legge nelle motivazioni della sentenza – tra lui e la cosca c’era un rapporto di reciproco vantaggio". Nel processo è emerso come l’imprenditore conoscesse bene il referente della cosca Grande Aracri, Michele Bolognino, e come si servisse dei metodi di quest’ultimo per recuperare crediti e inserire poi la sua manodopora nei cantieri della Bassa modenese. "E’ noto come Bianchini – scrivono i giudici bocciando i punti del ricorso – già nel 2007-2008 aveva tenuto rapporti con le imprese del pentito Giuseppe Giglio con condotte di false fatturazioni, cioè fatture per operazioni inesistenti per oltre 400mila euro. Dalle intercettazioni telefoniche si evince che Bianchini e la moglie Braga avevano chiesto a Giglio canali di finanziamento nel 2011, sono stati inoltre documentati collegamenti con la cosca in un cantiere di Sorbolo e l’assunzione di Gaetano Belfiore, genero del Grande Aracri, nella ditta di Bianchini". Secondo la Cassazione, inoltre, Bianchini sapeva chi era Bolognino "perche gli aveva recapitato fatture inevase al fine di recuperare crediti". I giudici parlano di reciproci tornaconti: "L’imprenditore si serviva di Bolognino per riscuotere crediti, emettere fatture false e ottenere manodopera, la cosca d’altro canto poteva tramite la Bianchini Costruzioni entrare negli appalti. Emerge dunque la figura dell’imprenditore colluso e quindi il concorso esterno nell’associazione mafiosa, pur senza essere inserito nella organizzazione criminale".

Gli avvocati della famiglia Bianchini, nel ricorso in Cassazione, avevano invece sottolineato come la sentenza d’appello (in particolare circa la posizione più grave, qualla del capofamiglia) fosse errata e in alcuni casi contraddittoria. Per questo era stato chiesto l’annullamento con rinvio: "Bianchini non era a conoscenza della caratura criminale di Bolognino – scrivevano gli avvocati – anche alla luce della inattendibilità più volte dimostrata in fase processuale del pentito Giglio". I legali hanno sottolineato come Augusto Bianchini non sia stato spalleggiato da Bolognino nella principale vicenda estorsiva contestata. "Non è stato Bianchini ad avvicinarsi alla cosca ma è stata la cosca ad avvicinarsi a lui, che aveva rifiutato i contatti. Non è stata trovata una convergenza di interessi tra Bianchini e l’organizzazione criminale".

Valentina Beltrame