"Bastava pronunciare il nome di don Gregorio per veder spuntare su tutti i volti un sorriso"

Folla, ieri mattina, nella chiesa di San Pietro per l’addio al prete degli ultimi. Il vescovo: "Ha incarnato preghiera, lavoro e servizio"

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di Paolo Tomassone

"Non c’è mai stato così silenzio in monastero". Da quattro giorni se ne è andato e i monaci benedettini di San Pietro non riescono ad abituarsi: le ‘urla’ di don Gregorio Colosio, nel chiostro o lungo i corridoi, erano come il tocco della campana che al mattino, a mezzogiorno e a sera invita alla preghiera. Ieri, per i funerali, l’abbazia si è riempita fin dalle prime ore; non ci sono più posti a sedere e i due vescovi emeriti che hanno concelebrato – mons. Giuseppe Verrucchi e mons. Lino Pizzi –, il priore don Stefano De Pascalis e i tanti sacerdoti hanno faticato a raggiungere l’altare durante la processione. La comunità religiosa e tutta la Chiesa di Modena sono rimaste orfane di un predicatore, di un confessore, di un fratello buono che non ti giudica e, anzi, fa un pezzo di strada con te. Lo ricordano i tanti scout presenti che di scarpe da ginnastica ne hanno consumate nelle camminate assieme al loro padre spirituale e, a fianco della bara, hanno messo la loro bandiera. Lo fanno capire Angela, suor Laura e Gian Luca che negli ultimi mesi, mentre la malattia lo stava consumando, lo hanno accudito con cura e con amore.

Anche la città si è accorta del silenzio che ha provocato la sua scomparsa: in chiesa c’è il sindaco Muzzarelli, ci sono tanti insegnanti che lo hanno avuto come collega e tanti ex studenti che si sono innamorati dello stile d’insegnare del prof-monaco. Sono arrivati da tutta la provincia e anche da fuori, da Vigolo, in provincia di Bergamo, dove il religioso è nato il 27 aprile 1938. Il silenzio si rompe con il canto del gregoriano e dalle parole tratte dal libro della Sapienza: "Le anime dei giusti… nel giorno del giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là". Una straordinaria coincidenza che ricorda mons. Verrucchi nell’omelia: "‘fiammelle che saltellano’; don Gregorio saltellava quando celebrava la messa, quando salutava qualcuno, quando diceva l’omelia". Negli ultimi anni, probabilmente il sacrificio più grosso è stato quello di non riuscire più a saltellare come un tempo. "Tutti gli volevano bene perché era un uomo, uno che parlava, che si relazionava, che non aveva paura di nessuno, che affrontava le persone con grande disponibilità, al di là delle sue disponibilità".

Il vescovo ricorda i tanti impegni che il religioso, molto inserito in diocesi, continuava a prendere, rischiando tante volte di accavallare gli appuntamenti. "Non ci si poteva arrabbiare con lui, perché questo era il suo stile: non riusciva a dire dei ‘no’ e per questo tante volte diceva dei ‘sì’ esagerati". Don Gregorio era un "grande uomo", ma anche un grande religioso, dedito totalmente a Cristo. "Ha incarnato preghiera, lavoro e servizio, forse è stato un ‘religioso sui generis’, ma è sempre rimasto dentro la comunità benedettina a cui era molto legato. Ricco di fede, di speranza, di coraggio, di disponibilità e di amore. Ora – è l’auspicio del presule – devi essere per sempre una ‘fiammella’ che saltella nel paradiso". Il vescovo don Erio Castellucci, che non ha potuto concelebrare, ha scritto un messaggio che è stato letto alla fine della funzione. "Bastava pronunciare il suo nome in qualsiasi contesto modenese per vedere spuntare un sorriso negli occhi di chi lo ascoltava. Ciascuno conserva un ricordo di questo prete monaco così singolare. Chi è stato aiutato da lui ricorda quanta carità alla sua maniera, diretta e fuori dalle righe, ha fatto in tanti decenni". Lo stesso ricordo di "chi ha sentito i suoi acuti che facevano sobbalzare durante le prediche, chi si è confessato da lui ricevendo sempre una parola di misericordia e spesso anche uno schiaffetto o un colpo sulla spalla. E chi l’ha incontrato sulla strada in una improbabile motoretta piena di borse e cianfrusaglie".

Ma anche "chi semplicemente lo ha frequentato rimanendo contagiato dal suo entusiasmo fanciullesco". Ora – prosegue don Erio – "caro don Gregorio, il Signore ti avrà già accolto nella sua casa, continua a ricordati di noi, chiedi al Maestro di lasciarci quaggiù un po’ della tua fede, della tua ingenuità così evangelica, dell’affetto che provavi per tutti. Grazie di esserci stato amico". La salma di don Gregorio, dopo l’ultima benedizione, è stata accompagnata per l’ultimo viaggio verso Vigolo.