Cacciari: "Ecco il legame tra diritto e spirito"

Due grandi pensatori, Massimo Cacciari e Natalino Irti, dialogano su come interpretare le leggi e il diritto. Il professor Irti sostiene l'applicazione letterale delle leggi, ma Cacciari ritiene che ciò sia contraddittorio. Una discussione sulla potenza della parola nel campo del diritto.

Desta sempre sorpresa vedere migliaia di persone in fila per entrare in piazza Grande ad ascoltare un filosofo. Anzi due, visto che ieri pomeriggio questo bagno di folla è toccato a due big del pensiero come Massimo Cacciari, la star indiscussa della manifestazione e membro del comitato scientifico del festivalfilosofia, e Natalino Irti, socio dell’Accademia dei Lincei. I due pensatori hanno dialogato sul tema ’Tra lettura e spirito. Nessun medio?’. Il cuore del loro intervento era legato a come vanno considerati il diritto e le leggi: si applicano così come sono, in quanto insiemi di parole oppure è centrale la loro interpretazione con l’intervento umano? Il professor Irti fonda i suoi studi sul primo argomento mentre Cacciari propende nettamente per il parere opposto. "Venerdì a Sassuolo – dice Cacciari – ho tenuto una lezione direttamente sulla parola chiave del festiva, Parola. Il logos, del resto, è un’arma molto potente lo comprendono tutti. Qui a Modena invece con Irti è utile confrontarsi sulla potenza della parola nel campo del diritto, inteso non solo come l’insieme delle leggi scritte, ma anche con lo spirito che entra in ballo in questo campo. Il professor Irti è un positivista e ritiene che noi dobbiamo essere saldi alla legalità obbedendo alla lettera alle leggi: certamente sarebbe una bella conquista, ma io ritengo che ciò sia contraddittorio". Il filosofo spiega: "Il giudice interpreta secondo il proprio giudizio, il proprio sentire e non a caso la parola è qualcosa di complesso perché può essere positiva ma anche attaccare, ferire, offendere, uccidere. Pensiamo a esempio al linguaggio politico e più in generale a una domanda: una democrazia può permettersi il diritto impazzito?". Nel suo intervento Irti ha spiegato come "San Paolo nella sua Lettera ai Corinzi tratta del dualismo tra la lettera, ossia la parola delle leggi e lo spirito. Il diritto è un universo di parole composto da quelle dei giudici, dei testimoni, delle sentenze e il giurista è un interprete di tutto ciò. Lo studioso ha infatti questo ruolo di analisi che non è mai apprezzato dal legislatore: non c’è un rapporto sereno perché il giurista è un lettore guardingo ed occhiuto".

Stefano Luppi