REDAZIONE MODENA

"Carceri, allarme sovraffollamento. I tossicodipendenti in comunità"

Platis (FI) e le camere penali: "Al Sant’Anna 554 detenuti su 372 posti: 84 in attesa del primo giudizio. La pena deve favorire il recupero. Incentivare esperienze alternative con tassi di recidiva bassissimi"

Il vice coordinatore. di FI Antonio Platis

Il vice coordinatore. di FI Antonio Platis

Modena, 19 agosto 2024 – "Dati del Sant’Anna allarmanti: bisogna far scontare la pena agli stranieri nel proprio paese d’origine e dare l’opportunità di recupero ai tossicodipendenti nelle comunità. L’obiettivo è recidiva zero". La denuncia è del vice coordinatore regionale di Forza Italia Antonio Platis. Un tema cui si aggiungono le considerazioni delle camere penali che pongono l’accento sul numero dei suicidi: "La pena – spiega l’avvocato Enrico Fontana, penalista modenese – deve essere effettiva ed immediata, ma senza dimenticare il recupero ed il reinserimento del detenuto. Il vantaggio per la collettività è evidente".

Platis ricorda che "nel penitenziario modenese ci sono 554 detenuti su una capienza di 372. Ben 84 sono in attesa di primo giudizio, 329 sono stranieri. Ci sono 93 protetti e 30 sono detenute di sesso femminile. Al Sant’Anna i detenuti non italiani sono il 60% e vi è un ampio ricorso alla custodia cautelare, ma il 15% dei reclusi non è neppure stato sottoposto ad un processo di primo grado".

Forza Italia non vuole norme ’svuota carceri’, ma chiede di garantire "i diritti inalienabili con provvedimenti mirati. Il cronico problema di sovraffollamento porta a situazioni di disagio drammatiche sia per i reclusi – vedi l’alto numero di suicidi in cella – sia per gli agenti della polizia penitenziaria che con abnegazione svolgono un ruolo determinante". Per non parlare di tutti "quei detenuti con problemi di tossicodipendenza che, in un contesto carcerario del genere, non potranno mai essere recuperati. Le strade sono due, l’accordo con i paesi di origine per far scontare le pene agli stranieri nella loro nazione e l’affidamento alle comunità di recupero a chi ha problemi di droga". Molto spesso, conclude Platis, "ci si riempie la bocca con parole come rieducazione e reinserimento in società, ma sono concetti al momento astratti per quanto riguarda la maggior parte dei penitenziari italiani. Ci sono invece esperienze in comunità di lavoro e recupero, rare ma da incentivare, il cui tasso di recidiva dei detenuti accolti è bassissimo".

Lo stesso avvocato Fontana sottolinea come "chi vive oggi in carcere vive sempre più in un mondo a parte e corre il rischio di essere ancora più escluso dalla società civile e dal mondo del lavoro. I suicidi quasi quotidiani nelle nostre carceri sono un grido di disperazione di un mondo che non può essere taciuto e nascosto. Di un mondo che va cambiato e ripensato.

Chi è in carcere deve avere un lavoro, non restare chiuso in una cella gelida d’inverno e bollente d’estate. Chi è in carcere – conclude Fontana – impari un lavoro che gli consenta di mantenersi lecitamente, sia quando è in carcere pagandosi i costi – che ricordiamoci sono enormi – della detenzione, sia quando avrà restituita la sua libertà e tornerà nella società civile".