VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Confagricoltura nel caos, Bergamaschi indagata

Accertamenti su presunti illeciti legati alle quote latte

L'operazione è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Varese

Modena, 4 febbraio 2015 - La procura di Modena ha notificato ieri mattina un avviso di garanzia a Eugenia Bergamaschi, presidente di Confagricoltura Modena. Si tratta di un atto dovuto nei confronti dell’imprenditrice modenese, dal momento che sempre nella mattinata di ieri è scattata una perquisizione, da parte delle fiamme gialle, all’interno della sede dell’associazione, in via Emilio Diena 7. L’informazione di garanzia è stata notificata alla Bergamaschi, infatti, in qualità di legale rappresentante della società, ma la presidente non è stata la sola a ricevere la notifica. L’avviso è arrivato anche all’ex direttore generale di Confagricoltura Modena Pier Luigi Bolognesi (fino al 2013), sostituito lo scorso anno da Marialuisa Caselli.

I finanzieri, nel corso del sopralluogo, hanno acquisito documentazione relativa alla intermediazione delle quote latte, attività svolta dalla sede modenese a livello nazionale da una decina d’anni. Si tratta quindi di un altro filone d’inchiesta, rispetto a quello legato all’attività del patronato. Ricordiamo infatti che nei giorni scorsi le fiamme gialle hanno denunciato tre responsabili della sede del patronato Enapa di Confagricoltura, accusati di aver incassato illegalmente circa 15mila euro, alterando la documentazione presentata dai cittadini per il riconoscimento dell’invalidità civile.

A scatenare le indagini dei finanzieri sulle due vicende, sarebbero state segnalazioni partite proprio dall’interno dell’associazione e indicanti diverse irregolarità relative sia alla gestione del patronato sia, appunto, alla gestione ‘quote latte’.

Il ruolo della sede modenese, in merito a quest’ultima attività, è infatti quello di mettere in collegamento (in varie parti d’Italia) colui che cede la quota con l’acquirente o l’affittuario della stessa. La legge, infatti, prevede anche che la quota possa essere affittata e, per i diversi procedimenti citati, l’associazione è legittimata a chiedere un compenso. Quel che intenderebbero ora accertare i militari è se vi sia stato l’effettivo passaggio di denaro e se lo stesso, al pari della fatturazione, sia stato regolare.

Il complicato tema ‘quote latte’ prende il via con l’assegnazione delle quote produttive agli allevatori negli anni 80. In sostanza le quote latte rappresentano limiti alla produzione, negoziati paese per paese nell’ambito dell’Unione Europea. Da allora ogni azienda ha una sua quota di produzione che, se non rispettata, è soggetta a pesanti sanzioni rapportate alla quantità di prodotto in più. Lo sforamento delle quote latte è costato moltissimo al ‘sistema Italia’, che si è trovato a pagare sanzioni salatissime per non aver rispettato i contingenti di produzione. Da tempo è quindi iniziata una sorta di ‘commercio’ delle quote; ovvero, il produttore che decide di cessare l’attività o di affittare la propria quota, può decidere di ‘affidare’ la stessa alle associazioni competenti che, come avviene tra le mura di Confagricoltura, possono gestire le ‘mediazioni di compravendita’. All’interno delle organizzazioni c’è chi si occupa di fare da intermediario tra produttore e acquirente: più il portafoglio di quote è grande, più l’attività è vasta all’interno degli uffici preposti. Quel che i militari intendono accertare, è se i compensi recepiti dall’associazione risultino regolari e se vi siano responsabilità in merito ad un’eventuale errata gestione economica delle quote.