"Coronavirus, vaccino col Dna". Azienda di Carpi in prima linea

Igea nel progetto europeo per lo studio e la realizzazione Il vice presidente: "Nelle cellule inseriamo frammenti di genoma del virus"

Igea studia il vaccino anti Coronavirus

Igea studia il vaccino anti Coronavirus

Carpi (Modena), 12 marzo 2020 - Sviluppare un vaccino per il Coronavirus trasferendo una parte del genoma di Covid-19 all’interno delle cellule, per stimolare una risposta immunitaria. È l’obiettivo dell’ambizioso progetto ‘Opencorona’, finanziato dalla Commissione Europea. Tra i partner – le aziende svedesi Adlego e Cobra Biologics, la tedesca Justus Liebig University di Giessen, il Karolinska University Hospital e gli enti statali scandinavi Karolinska Institutet e Folhhälsomyndigheten – c’è anche Igea, azienda di Carpi leader nello sviluppo di tecnologie biofisiche da impiegare nel settore medico. "Così – spiega il vice presidente Matteo Cadossi – diamo il nostro contributo in questa sfida storica".

Leggi anche La nuova stretta di ConteCome capire se si è a rischio -  Autocertificazione per viaggiare: il modulo

Cadossi, quando è nata Igea? "Nel 1980, compiamo quarant’anni. È stata fondata da mio padre, medico, e anche io sono medico. I nostri settori di intervento sono principalmente due: produciamo dispositivi per curare le patologie ortopediche e poi c’è la parte oncologica, dove usiamo la tecnologia di elettroporazione".

Di che si tratta? "È una tecnica che serve a favorire l’ingresso dei farmaci chemioterapici nelle cellule, aumentando la permeabilità delle membrane. La stessa cosa si può fare anche con il materiale genetico, ed è in questo modo che si possono sviluppare i vaccini".

Ci spieghi meglio. "I vaccini vengono realizzati o immettendo nell’organismo una piccola quantità di virus attenuato o inserendo nelle cellule frammenti del genoma del virus. Con questa tecnica, oggi, si punta a fare esprimere una proteina virale capace di attivare una forte risposta immune contro il Covid-19".

Quanto tempo ci vorrà per sintetizzare il vaccino? "È una strada lunga, il progetto europeo dura due anni. Isolare il virus è il primo passo, ed è già stato fatto. Il virus, però, ha tante proteine, bisogna capire quale frammento scegliere, perché non è detto che siano tutti adatti. E poi bisogna fare tanti test, prima quelli in vitro, poi negli animali e verificare che gli anticorpi prodotti siano sufficienti a dare protezione. Insomma, i passaggi sono tanti e sono tutti delicati".

Queste tempistiche ‘fanno a pugni’ con l’emergenza che stiamo vivendo... "Capisco l’emergenza, ma ci sono step necessari perché il vaccino sia sicuro. Il progetto ha un grande valore, aumenterà sensibilmente il nostro ‘know how’, perché queste situazioni potranno ripresentarsi anche in futuro. Ma da medico dico anche che non penso che il problema Coronavirus si risolverà con un vaccino. Il vaccino non può sostituire le misure di contenimento. Dobbiamo risolvere l’emergenza nei prossimi due o tre mesi, non con il vaccino".

Quando il contagio ha iniziato a diffondersi in Cina, si aspettava un’evoluzione del genere? "No. Il Coronavirus sembrava una cosa lontana dall’Italia e dall’Europa. Non pensavo che avrebbe avuto un impatto così determinante su tutti noi, sia dal punto di vista sanitario che da quello economico".

A proposito di economia, Igea come sta attraversando questa fase difficilissima? "Ci siamo riorganizzati dividendo la produzione in due turni e cercando di limitare al massimo i contatti. Da imprenditore, però, voglio lanciare questo appello: fermiamoci, studiamo misure a sostegno della sanità e del lavoro e poi ripartiamo. Questo ritmo rallentato non fa altro che danneggiarci. Siamo in grado di reggere uno stop di due settimane, ma un blocco di due mesi non può sopportarlo nessuno".

Coronavirus, i 10 comportamenti da seguire