"Date l’ergastolo al compagno di Rossella"

La 52enne, operaia alla Haemotronic di Mirandola, fu uccisa nella sua casa a coltellate. Ieri la richiesta di condanna del pm

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di Cristina Rufini

"Un omicidio brutale, dettato dalla rabbia cieca nei confronti della vittima. Consumato in rapida sequenza. Per questo la procura chiede che Doriano Saveri venga riconosciuto colpevole dell’uccisione della compagna e condannato all’ergastolo". Sono le ultime parole della lunghissima requisitoria davanti alla Corte di Assise di Ferrara, iniziata dalla pm Lisa Busato intorno alle 10 di ieri e conclusa dal collega Stefano Longhi dopo le 16, nell’ambito del processo contro Doriano Saveri, l’artigiano di 47 anni accusato di avere ucciso, massacrandola, la compagna Rossella Placati, 51 anni, il 22 febbraio del 2021 nella casa che ancora condividevano a Borgo San Giovanni, frazione di Bondeno. La donna lavorava all’Haemotronic a Mirandola dove era molto apprezzata e benvoluta. "L’ha uccisa con brutalità – ha sottolineato in più di un passaggio il pm Longhi – con rabbia atroce: colpendola prima con un pugno al volto, poi con quattro coltellate al seno sinistro e, una volta che lei era caduta a terra, finendola con almeno sette colpi alla testa. Con profonda rabbia". Non c’è un’altra possibilità, secondo il pm Longhi. "A meno che un fantasma, o uno sconosciuto, non sia entrato in casa quando era presente anche Saveri", ha proseguito il pm.

Il movente. "Saveri quel giorno era in preda a una tempesta emotiva - ha più volte sottolineato Longhi durante la puntuale ricostruzione delle indagini, focalizzando gli indizi gravi, univoci e concordanti che hanno portato la procura a individuare in Saveri l’assassino – era profondomante risentito con la Placati, non accettava che lo volesse lasciare, che sparlasse di lui e sospettava che avesse un altro. Era risentito. Non voleva esistesse più come persona".

Per Saveri lei gli aveva rovinato la vita e nelle condizioni d’animo in cui era quella domenica, è bastata una ’scintilla’, l’ennesima, per scatenare l’inferno. La rabbia cieca. "Era un uomo allo sbando. L’ha colta di sorpresa – ha aggiunto il pm – le ha sferrato un pugno, poi ha infierito in rapidissima sequenza, compiendo un delitto atroce. Ma non essendo un criminale, né un killer professionista quando ha realizzato, ha deciso che no, non avrebbe confessato. Non poteva e ha avuto tutta la notte a disposizione per capire come muoversi, gettando l’arma del delitto (lo stesso coltello con cui Saveri stesso ha raccontato di essere stato ferito dalla Placati?) e costruendo una versione per allontanare i dubbi che sapeva sarebbero ricaduti su di lui. Ma non essendo un criminale incallito si è mosso, inconsciamente sapendo di avere ucciso lui la compagna, commettendo errori. Non può essere stato che lui, perché nessun’altra traccia è stata rinvenuta nell’abitazione, che non appartenga a Placati o Saveri. Nessun altro è entrato in quell’abitazione e i comportamenti di Saveri dopo il delitto (consegnare per la terza volta in meno di 24 ore soldi alla ex moglie, insieme al bancomat e alle chiavi di casa) sono di una persona che sa che cosa sta per accadere. Così come la stessa frase detta alla figlia ’Sii forte’". Si torna in aula il 10 gennaio con l’arringa della difesa.