"David Bowie uno sciamano ’Lazarus’ via per la libertà"

Allo Storchi l’attesissimo spettacolo sul testamento creativo del Duca Bianco. Malosti (Ert): "Nel ’77 Heroes il mio primo disco, oggi orgoglioso di questo evento". .

"David Bowie uno sciamano  ’Lazarus’ via per la libertà"

"David Bowie uno sciamano ’Lazarus’ via per la libertà"

di Stefano Marchetti

"Turn and face the strange" (Voltati e affronta l’ignoto), lo slogan della stagione di Emilia Romagna Teatro, è un verso di ’Changes’ di David Bowie. E un album di Bowie fu il primo vero disco che Valter Malosti acquistò da ragazzo a Torino: "Era la vigilia di Natale del 1977, ormai era sera e la città era deserta, ma il mitico negozio Maschio era ancora aperto – racconta –. Quella sera mi regalai ‘Heroes’ e non vedevo l’ora di tornare a casa per ascoltarlo tutto". Gira la ruota della vita, e proprio nel segno di David Bowie il direttore di Ert ha affrontato da regista uno dei debutti più attesi dell’anno, la versione italiana di ’Lazarus’, l’opera rock con cui il Duca Bianco concluse la sua carriera e la sua vita (la portò in scena a New York il 7 dicembre 2015, morì il mese successivo). La ‘prima’ di Cesena, pochi giorni fa, è stata accolta da un grande successo: ora ’Lazarus’ parte per la tournée e la prima tappa è il teatro Storchi di Modena, ‘casa’ di Ert, dove sarà in scena da stasera a domenica (la replica di domani è in collaborazione col teatro Comunale). Protagonista è Manuel Agnelli – rocker, cantautore, talent scout e adesso anche attore – nelle vesti di Newton, il migrante interstellare sospeso nel tempo, e con lui sul palco sono undici interpreti, fra cui Casadilego, vincitrice di X Factor, e una band di sette musicisti. "Per tutti noi ‘Lazarus’ è come il testamento creativo di Bowie, un’opera energica, potente, ma anche uno strano oggetto di teatro musicale – spiega Malosti –. Siamo orgogliosi e felici di aver potuto acquisire i diritti per l’Italia, facendoci largo fra mille pretendenti".

Bowie era attratto dal teatro? "Certo, la sua formazione di artista non fu soltanto musicale. Già alla fine degli anni ‘60 entrò nella compagnia di Lindsay Kemp, che poi coreografò il tour di Ziggy Stardust. Il mito della maschera fu sempre la cifra di Bowie: faceva in modo che il pubblico si identificasse in una delle sue maschere, e in quel momento lui faceva una svolta, cambiava maschera".

Anche Newton, il protagonista di ‘Lazarus’, è una delle sue maschere?

"Era il personaggio de ‘L’uomo che cadde sulla Terra’, il film di Nicolas Roeg (dal romanzo di Walter Tevis) che Bowie interpretò nel 1976. Questa figura di migrante interstellare riaffiora periodicamente nella storia di Bowie: quando decise di dar vita al musical ‘Lazarus’ aveva dapprima pensato a un altro soggetto, poi invece riprese la storia di Newton, forse per liberare o liberarsi di lui. È stato il suo ultimo lavoro".

Già: chi è Newton?

"Rappresenta tutti i diversi, o piuttosto tutti coloro che la nostra società pensa siano diversi e quindi sono obbligati a muoversi, a tentare di essere accettati. Lazarus del titolo non è il Lazzaro evangelico, ma è un riferimento alla poetessa attivista Emma Lazarus che scrisse il poemetto inciso alla base della Statua della Libertà a New York, un inno ai migranti".

Cosa ci racconta questo spettacolo?

"Newton continua a non invecchiare, a non morire, sospeso fra la vita e la morte. Questo è un viaggio nella mente di un uomo, una mente in frantumi: i tempi si confondono, e ci si addentra nel mistero, fra cose profonde e cose quotidiane. David Bowie ed Enda Walsh costruirono una drammaturgia musicale che lega fra loro i brani scritti per quest’opera, tra cui appunto ‘Lazarus’, e vari successi del Duca, da ‘Life on Mars?’ fino a ‘Heroes’".

E con quale spirito si deve assistere a questo lavoro?

"Abbandonandosi alle emozioni. Bowie era come uno sciamano che cercava un incontro col divino anche nell’inconscio, e in forme tutte sue. Anche con quest’opera ci ha mostrato una possibile via di libertà".