Droga e prostituzione, sgominate due bande a Modena

Scoperto un giro di affari di oltre 180mila euro al mese, che ha coinvolto centinaia di clienti provenienti da tutta la regione. Raffica di perquisizioni, 12 arresti

Prostituzione in una foto d'archivio Crocchioni

Prostituzione in una foto d'archivio Crocchioni

Modena, 4 giugno 2019 - Sgominate due bande di albanesi che gestivano nel modenese attività illecite nel campo della prostituzione e della droga (video): è l'operazione della polizia che ha portato stamattina a 12 arresti. Scoperto un giro di affari di oltre 180mila euro al mese, che ha coinvolto centinaia di clienti provenienti da tutta la regione con vittime della vicenda circa 20 donne dell'Est, irregolari sul territorio italiano e che ha portato ad una faida tra i due gruppi.

Trenta investigatori della Squadra Mobile con  altri venti poliziotti della Questura, a cinque equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine, nonché alla Polizia Scientifica, a personale delle Volanti e a quello del Reparto Volo di Bologna, sono intervenuti con perquisizioni a tappeto in vari appartamenti nelle zone di San Damaso, via Emila est, Castelfranco Emilia e Rubiera.

Le 12 persone arrestate sono ritenute responsabili, a vario titolo, di tentato omicidio, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e cessione di sostanze stupefacenti, in particolare nella zona est di Modena. L'indagine è partita dalla sparatoria di Emilia Est, in località Fossalta, il 5 aprile dello scorso anno. L'episodio era stato immediatamente inquadrato dagli inquirenti come legato a contrasti nella gestione del territorio da parte di cittadini albanesi dediti allo sfruttamento della prostituzione.

Dopo la scissione all'interno del gruppo era iniziata una lotta tra la vecchia e la nuova fazione per la spartizione del territorio. Tra gli arrestati, è stato catturato a Reggio Emilia lo sfruttatore-paciere: Alberto Bicerri, luomo ha infatti fatto da mediatore tra le due fazioni.

Nel corso dell'attività vennero individuate alcune donne sfruttate dagli arrestati, albanesi e ucraine, molte delle quali assoggettate con l'uso di metodi violenti per lavorare su strada o a casa dalla sera fino all'alba. Reclutate direttamente nelle loro nazioni di origine, venivano osservate costantemente in lontananza, costrette ad avvisare i loro protettori dei propri spostamenti anche tramite messaggi criptati poi decriptati dagli investigatori. Nessuno, tra sfruttatori e sfruttate, era in possesso di permesso di soggiorno: tutti utilizzavano i novanta giorni loro garantiti dal visto turistico per poi rientrare nel paese d'origine alla scadenza del periodo e ritornare in Italia dopo soli tre o quattro giorni.