«Fenomeno fuori controllo Siamo arrivati troppo tardi»

«SIAMO in mano ad un sistema distruttivo che va spento con l’arte, con la bellezza e con la cultura. Ma quanto i giovani la vita la vedono a tinte scure, preferiscono lo sballo all’arricchimento emotivo e culturale. Perchè è più facile non pensare. Quello delle droghe nelle scuole è un fenomeno noto da tantissimo tempo ma si è arrivati tardi: è fuori controllo». Così la nota psicologa Maria Rita Parsi interviene sul preoccupante fenomeno dello spaccio tra le aule di scuola, spiegando quali siano i fattori di rischio tra i giovanissimi».

Come mai tanti minori consumano, abusano e vendono sostanze?

«Alimentare una dipendenza: è questo il meccanismo che sta scattando e scoppiando. Tutti sapevano che lo spaccio nelle scuole esisteva già parecchi anni fa ma si è intervenuti tardi, perchè il fenomeno è arrivato a commercializzarsi. Era prevedibile ma non è stato fatto abbastanza; è stato minimizzato e ora si corre ai ripari quando l’emergenza è esplosa».

Cosa intende per commercializzarsi?

«Da un lato le nuove generazioni tendono a schivare le responsabilità e si rifugiano in qualcosa che li porti a non pensare; quindi lo sballo. Dall’altro c’è un coinvolgimento economico. Gli adolescenti oggi si trovano a vivere un malessere sociale che è quello della precarietà del sistema in generale, in primis delle famiglie e del mondo del lavoro. Nella vendita di droga individuano quindi una fonte di ricchezza».

Quindi lo fanno soprattutto per soldi?

«Il riuscire ad ottenere facilmente denaro è la spinta più forte. Per questi ragazzi si tratta di lavoro e, per chi ‘inizia’ il gruppo, ricoprendo il ruolo del ‘forte’, il modello da seguire risulta semplice coinvogere 15enni ad intraprendere la medesima strada. Si parla tanto di cervelli in fuga e della difficoltà di avvicinarsi al mondo del lavoro: ed ecco che si sentono ‘autorizzati’ a trovare una scappatoia al problema. Un modo per incassare velocemente e senza fare fatica».

Però c’è anche una parte emotiva...

«Vi è una cultura dello sballo che supera quella dell’impegno e della responsabilità. Ci sono due agenzie educative, famiglie e scuola che spesso non ‘lavorano’ insieme e questa incostanza provoca anche un senso di precarietà dei ragazzini che perdono i propri modelli di riferimento. E c’è il problema dei messaggi sbagliati, cupi, veicolati dai mezzi di comunicazione di massa dai quali emerge come l’eroe, spesso, sia il piccolo Gomorra. Il ragazzino tende a sentirsi incastrato in un mondo triste, negativo dinanzi a continue immagini di morti, feriti, guerre e quotidiani drammi e cerca una via d’uscita rappresentata spesso dal distacco dalla realtà».

C’è ancora un modo per prevenire il dilagare di questo fenomeno?

«Occorre indirizzare i nostri adolescenti verso le sensazioni belle della vita, affinchè imparino ad apprezzarle e a cercarle affinchè diventino armi anche contro le difficoltà quotidiane che invece spesso utilizzano come ‘scuse’ per spegnere le proprie menti».