«Ho vissuto un incubo, mi pedinava da giorni»

Il 28enne Daniele Polacci, di Montecreto, racconta l’aggressione con l’acido subita a Milano da parte di una donna conosciuta sui social

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di Anna Giorgi

Lo spray al peperoncino, lui che si porta le mani al viso per proteggersi e poi una lingua di acido gettato in testa che gli colerà sul viso procurandogli ustioni di secondo a terzo grado sulla guancia e sul collo. La vittima a Milano dell’aggressione di Tamara Masia, 43 anni, stalking serial, ora in carcere, è Daniele Polacci, 28 anni, nato e cresciuto a Montecreto, cameriere in un ristorante di piazza Gae Aulenti, nel capoluogo lombardo.

Daniele, ieri è stato dimesso dal Fatebenefratelli con una prognosi di 21 giorni, come sta?

«Molto acciaccato, molto incredulo e molto impaurito».

Ci racconti come è nata questa ’storia malata’.

«Chiamarla storia è un po’ troppo, ci siamo visti solo tre, quattro volte: ci siamo conosciuti sui social, doveva essere una cosa leggera, allegra, per conoscerci. Ma al primo incontro ho notato qualcosa si strano».

Come è stato il primo appuntamento, che cosa è successo?

«Ci siamo incontrati in zona stazione Centrale siamo entrati in un bar per mangiare qualcosa e da subito mi è sembrata una persona dall’atteggiamento invadente. Ha iniziato a rivolgermi una raffica di domande inappropriate e a criticarmi per quello che avevo ordinato, cioè un toast e un caffè. Così i rapporti si sono fatti subito un po’ tesi».

Ma lei decide di rivederla?

«Sì, lei era venuta fino a Milano, aveva deciso di aspettare che finisse il mio turno di lavoro e in fondo anche io volevo darle e darmi l’opportunità di conoscerla meglio».

Ma le cose non sono andate meglio...

«No, ho avuto solo conferme dell’idea iniziale».

Che cosa l’ha messa in allarme?

«Dopo una notte trascorsa in hotel, la mattina quando mi sono svegliato lei in camera non c’era più, dalla reception mi confemano che era uscita presto. Pazienza, me ne vado al lavoro. Nel pomeriggio sul cellulare mi arriva un centinaio di messaggi, ma forse di più, lei era un fiume in piena. Whatsapp che passavano dal «quando ci vediamo» al «bastardo sei una m..», al «no scusa» e di nuovo «mi tratti come una p...» e poi offese».

E ha capito che era necessario allontanarsi da lei...

«Sì, certo, l’ho fatto, ma purtroppo due giorni dopo me la ritrovo ai tavolini esterni del ristorante e non posso evitarla. Ordina un caffè macchiato, glielo porto io temendo scenate. Le dico di aspettarmi fuori dal locale. La raggiungo, parliamo un attimo, lei si calma, pare aver capito che non può comportarsi così, nè mandarmi centinaia di messaggi al giorno. Mi tranquillizzo, perché penso che abbia capito. E invece succede il peggio. Appena mi giro di spalle vedo lei che estrae qualcosa dalla giacca, è un coltellino dalla lama appuntita e con espressione di rabbia mima il gesto di accoltellarmi alle schiena».

É in questa occasione che decide di denunciarla?

«No, a dire il vero, forse ingenuamente, ho sperato che sparisse dalla mia vita».

E invece...

«La notte di Capodanno mi compare davanti al ristorante. Mi scrive che le avevo promesso di passare tutte le feste con lei, ma non era vero e poi io lavoravo. Il mio turno finisce alle 3 del mattino e lei era ancora lì. A quel punto corro a denunciarla ai carabinieri».

Veniamo al giorno dell’aggressione.

«Appena sceso dalla metro di Garibaldi me la sono vista sulle scale mobili che portano a piazza Gae Aulenti. Ho fatto finta di non vederla e lei mi ha rincorso: ’Dani’, io mi sono voltato d’istito e il resto è cronaca, l’acido, il buio, le urla, i soccorsi e il ricovero. Poteva andare peggio, gli occhi sono salvi. Ho saputo che è stata arrestata».

Esatto...

«Bene, spero che resti in carcere molto a lungo».