Il libro del giornalista Biavardi è un giallo da film

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E’ UN PICCOLO risarcimento ai detective all’italiana, troppo spesso ridotti a macchietta folcloristica da scrittori anche bravissimi.

Ed è un giallo che si legge con il ritmo incalzante della cronaca, questo ‘Sangue del tuo sangue’ del giornalista modenese Andrea Biavardi, partito da Spilamberto verso una carriera ultratrentennale che lo ha portato a dirigere quotidiani (La Nazione, Il Giorno) e riviste. Il thriller, pubblicato per i tipi di Cairo e ambientato in una Milano riconoscibilissima per luoghi e personaggi anche a distanza, riesce nella sua modernità a sfatare i luoghi comuni che troppo spesso sono stati cuciti addosso ai tanti investigatori del Belpaese che nel corso degli anni hanno affollato pagine e teleschermi, quasi sempre portando con sé tic e abitudini fin troppo nostrani.

IL CAPITANO dei carabinieri che deve risolvere un caso di omicidio molto più intricato del previsto è invece un personaggio che starebbe meglio in un CSI, piuttosto che con Montalbano o Coliandro, tanto è abile nello sfruttare tutte le moderne tecnologie per condurre le sue indagini. Per esempio volgendo a proprio favore i rapporti tra media e inquirenti come spesso succede anche nella realtà, tra belle giornaliste, avvenenti pm e austeri Procuratori della Repubblica.

Intendiamoci: Massimo Ademarchi, il protagonista, è un carabiniere che corrisponde perfettamente alle caratteristiche soprattutto morali di chi sceglie l’Arma per vocazione. Ma lui e il suo staff sanno districarsi con piena padronanza della tecnologia tra le pieghe di un caso che si complica mentre le pagine scorrono con i tempi stretti di chi sa che la cronaca vuole fatti, più che fronzoli letterari. Proprio per questo, perché usa mezzi diventati quotidiani, da Whatsapp alle telecamere, il romanzo di Biavardi è attuale come uno scoop di cronaca nera.

Di più non diciamo, per non rovinare la sorpresa.

Doriano Rabotti