"Infermieri sotto stress e spesso sottovalutati"

La presidente dell’Ordine, Carmela Giudice: "L’assuefazione a tutto porta a dimenticare il lavoro fondamentale che svolgono in corsia"

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di Paolo Tomassone

In un anno ci si dimentica di tante cose, anche del fatto che senza gli infermieri gli ospedali di ogni parte del mondo non avrebbero potuto reggere l’urto del Covid. "L’assuefazione a tutto ci porta a dimenticare il lavoro fondamentale che svolgono".

Ecco a cosa servono i compleanni e gli anniversari: a ricordare che dietro quella divisa, in corsia dalla mattina alla notte, non ci sono dei robot ma professionisti "capaci di gestire processi di salute, prendendo in carico la persona e guidandola nel processo di cura" come ricorda Carmela Giudice (nella foto), presidente provinciale della Federazione ordini professioni infermieristiche (che conta circa cinquemila iscritti a Modena), interpellata in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere.

Come stanno gli infermieri a Modena?

"Inizialmente hanno affrontato questa prova con entusiasmo e partecipazione, con la prospettiva che prima o poi terminasse l’emergenza. Ora la stanchezza emotiva e fisica si accumula, gli sforzi a volte vengono vanificati da comportamenti irresponsabili di una parte della popolazione e tutto questo influisce sullo stato d’animo dei colleghi".

Erano i nostri eroi, ce lo siamo dimenticati?

"Indubbiamente la vicinanza da parte di tutta la popolazione agli operatori sanitari si è ridotta. È come se ci fossimo abituati ai morti e al fatto che medici e infermieri debbano continuare a lavorare ininterrottamente con questo ritmo, quasi fosse diventato naturale. Non credo che ci sia un accanimento sulle figure sanitarie che operano negli ospedali: questa pandemia sta mettendo a dura prova tutti".

È cambiata la professione al tempo del Covid?

"Gli infermieri sono sempre professionisti della salute che con il loro impegno e la loro determinazione hanno saputo affrontare ostacoli, diffidenze e pregiudizi, senza mai perdere di vista la propria missione, che è quella di rispondere alle sfide grazie all’abilità di valutazione, al pensiero critico, alla formazione universitaria che hanno ricevuto e alle competenze specifiche della professione. Diciamo che sono aumentate le preoccupazioni, i disagi e i motivi di stress".

Questo per il pericolo che corrono dentro gli ospedali?

"Sì. Per questo è fondamentale tenere alta l’attenzione sul problema, perché come evidenza la letteratura questo tipo di problematiche si presentano a distanza di parecchio tempo dall’evento".

Quali sono i punti critici della professione infermieristica venuti al pettine con l’emergenza sanitaria?

"Uno è sicuramente il fatto che si è investito poco nelle professioni infermieristiche ed è stato dato poco spazio a questa figura fondamentale per la gestione dei processi. A volte il sistema sottovaluta le competenze che hanno maturato gli infermieri in questi anni. E anche la popolazione ha una scarsa conoscenza del percorso formativo dell’infermiere, oppure ci si dimentica che il loro percorso universitario prosegue con corsi di specializzazione, master e dottorati di ricerca".

Forse perché lavorano nelle retrovie?

"È vero il contrario: gli infermieri organizzano il lavoro, gestiscono processi e durante l’emergenza hanno montato e smontato interi reparti per far spazio a nuovi pazienti Covid".

Consiglierebbe a un giovane di intraprendere questa strada?

"Certamente, perché è una professione spendibile in vari ambiti, nel contesto pubblico, privato e libero professionale. L’infermiere è capace di gestire processi di salute, prendendo in carico la persona e guidandola nel processo di cura".