
Da sinistra: Simone Pedrazzi e Giulio Allesina, creatori del motore a cippato (Foto Fiocchi)
Modena, 10 marzo 2015 - Siamo nel cuore dell’innovazione modenese. Dove la ricerca si trasforma in pratica e viceversa. In un connubio avveniristico, e perfetto, tra meccanica, robotica, motoristica ed elettronica. Qui lavorano menti brillanti, probabili geni di cui il nostro Paese si fregerà negli anni a venire. Il Dipartimento di Ingegneria ‘Enzo Ferrari’ (foto) compie 25 anni e conta numeri da capogiro: 2.802 iscritti, 1.019 matricole (comprese le magistrali), una media di 550 laureati all’anno, con oltre il 90% che trova subito lavoro.
Accompagnati dal rettore Angelo Oreste Andrisano, il direttore del Dipartimento, il professor Alessandro Capra, e il direttore di Democenter, Enzo Madrigali, ci siamo avventurati in questo universo di invenzioni e meraviglie, dove il paragone con la Silicon Valley non è tanto azzardato e molti progetti in via di sviluppo richiamano alla mente rivoluzioni 2.0 in puro stile Steve Jobs e Bill Gates. Qui aziende del calibro di Ferrari, Maserati, Koka e Omr investono risorse per scovare talenti e ricavare valore aggiunto dalla ricerca.
Nel laboratorio Lapis, guidato dal professor Francesco Pellicciari, una ventina di futuri ingegneri lavora sui prototipi virtuali. Sugli schermi dei computer prende vita un vero e proprio mondo parallelo, in cui vengono riprodotte le automazioni aziendali e il modo per ridurne l’impatto ambientale. C’è poi chi studia un nuovo telaio e valuta i possibili problemi di saldatura. L’obiettivo è partire da una simulazione e creare un modello valido per la realizzazione di future parti meccaniche, eliminando sprechi ed errori.
La tappa successiva è il laboratorio dei sensori, da cui è nato addirittura uno spin-off ad hoc ribattezzato ‘RSens’. Il professor Luigi Rovati ci mostra le applicazioni in ambito biomedicale e industriale. Lo stupore è tanto: basta citare il progetto sul sensore in grado di percepire lo stress di chi guida e rimodulare, di conseguenza, le prestazioni dell’auto, oppure il sistema predittivo, finanziato da Cnh, capace di evitare e anticipare il ribaltamento di un trattore. E tra i tanti ‘work in progress’, spunta ‘RStone’, strumento già in commercio che rileva le concentrazioni di gas radon.
Visitiamo poi uno dei laboratori gestiti dalla Ferrari, non a caso tutto arredato di rosso: qui gli ingegneri rilevano le variazioni termiche sul motore della California. Poi veniamo ‘catapultati’ in uno spazio apparentemente asettico dove veniamo invitati ad indossare degli occhialini 3D. Luci spente e davanti a noi prende vita un vero e proprio schermo cinematografico con un fuoristrada Audi a grandezza naturale. Sembra di toccarlo con le mani. Una perfezione avvolgente, che permette ai ricercatori del Dipartimento di individuare possibili difetti della carrozzeria, approfondire gli effetti luce e giudicare l’aspetto estetico del veicolo in ogni suo dettaglio.
Ma il viaggio nell’innovazione strabiliante non finisce qui. Entriamo nei laboratori cosiddetti ‘più pratici’ che ricordano vere officine meccaniche. Qui l’ingegnere Carlo Alberto Rinaldini, responsabile del banco prova motori, ci mostra un modello Vm428 su cui una squadra di giovani ingegneri sta sperimentando l’uso di combustibili alternativi. Superate altre strumentazioni dal nome sconosciuto, eccoci davanti a un prototipo eolico che sfrutta il flusso dell’aria generato dal traffico veicolare per produrre energia elettrica.
Nel laboratorio successivo la sperimentazione si mischia alla ricerca medica: una macchina per la costruzione a strati è in grado di riprodurre la struttura vascolare tridimensionale della tiroide umana.
Infine, scopriamo l’esistenza di una macchina che converte in energia elettrica il cippato e gli scarti di mais. A idearla sono stati Giulio Allesina e Simone Pedrazzi che presto ‘regaleranno’ questa tecnologia ad alcune scuole del Camerun. «Questo prototipo – spiegano – produce fino a 20 Kw di energia e può alimentare anche un intero villaggio».