"Mio padre viveva per l’azienda Con la mafia lui non c’entra"

Concordia, lo sfogo della figlia dopo la condanna: "Sentenza spropositata"

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"Adesso basta stare in silenzio. In questi 7 anni e mezzo abbiamo sperato con fiducia nella giustizia, sperato che questo ’polverone’ alzatosi sulla nostra famiglia potesse giungere ad un chiarimento finale che avrebbe ridimensionato le pesanti accuse. L’epilogo dimostra che questa fiducia nella legge che con rispetto abbiamo dimostrato da subito, si è rivelata mal riposta". E’ lo sfogo, affidato ai social, di Alessandra Bianchini, figlia dell’imprenditore Augusto (nella foto), condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito della ricostruzione. "Mio padre – scrive Alessandra Bianchini – ha fatto l’errore di lavorare troppo nella sua vita. Viveva per la sua azienda, la quale era tutto per lui oltre alla sua famiglia. Ma la cosa certa è che non si può accostare il suo nome alla parola mafia. Sostengo e condivido la lotta alla mafia, ma quella vera, non quella che deve per forza punirne uno per educarne 100. Il 28 gennaio 2015, ci è stato portato via tutto. Il gesto drammatico di mio padre (tentativo di suicidio, ndr) è quello di un uomo stremato e fragile, che preferisce la morte ad una prospettiva di 9 anni da scontare ingiustamente. Le sentenze, anche se amare e spropositate, vanno rispettate, spero che mio padre ritrovi la forza di lottare".