«Molière ha ancora tanto da dirci»

Malosti porta stasera a Mirandola Il suo ’Misantropo’: «Di grande attualità, ’incontrerà’ Don Giovanni»

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Una commedia amara e filosofica, anomala e profetica, secondo molti il capolavoro di Molière. È ‘Il Misantropo (ovvero il nevrotico in amore)’, nell’originale rivisitazione scritta e diretta da Valter Malosti, in scena stasera alle 21 all’Auditorium Rita Levi Montalcini di Mirandola. Sul palco con Malosti nel ruolo di Alceste, tra gli altri, anche Anna Della Rosa, Sara Bertelà e Roberta Lanave.

Com’ è il ‘suo’ Misantropo’? «È puro Molière: nel ‘Misantropo’ infatti c’è molta vita del drammaturgo francese, in quanto ne riporta vari tratti biografici. L’abbandono della giovane moglie e la presenza di altre due donne. Una ‘trinità’ femminile che ha influito sulla costruzione del lavoro. Di solito i ruoli femminili vengono ‘tagliuzzati’: io invece ho scelto di dare spazio a questa ‘trinità’. E ho cercato di togliere ad Alceste l’aspetto del filosofo per restituirgli l’umanità».

Quali sono i temi principali? «L’indagine universale sul conflitto uomo-donna, e il rapporto dell’artista con il potere. In quegli anni Molière ha una relazione di dipendenza con il Re, gli organizzava le feste nei giardini. Inoltre due sue pièces, Don Giovanni e Il Tartufo, furono censurate e non esibite. Il Misantropo nasce nella solitudine e nella crisi per il suo lavoro e per la depressione e la malinconia per l’abbandono della moglie».

Quanto è contemporaneo il Misantropo?

«Tantissimo, nonostante sia del 1666. Tutti i grandi classici continuano ad avere ancora tanto da dirci. Si prenda Célimène, un po’ civetta ed amante della mondanità: incarna il tema della libertà di scelta, estremamente vicino al mondo di oggi. Il Misantropo è un testo totalmente ‘al presente’, una commedia tragica, venata di una forma di umorismo instabile e pericolante, che porta in sé, appena al di sotto della superficie comica, le vive ferite e il prezzo altissimo costato al suo autore».

Un testo che lei ha rivisitato…

«Il testo è praticamente nella sua totalità fedele all’originale. Pirandello diceva che ‘il teatro non è archeologia, è un atto vivo’, ed è necessario che chi lo ascolta possa comprendere. La mia rivisitazione si limita al linguaggio, ma a livello filologico è Molière».

Per questo i nomi dei protagonisti sono pronunciati all’italiana?

«È una mia scelta. Giusta o sbagliata che sia. Devo però sottolineare che la maggior parte dei nomi che Molière inventa per i suoi personaggi del Misantropo, nella lingua italiana, seppur rari, sono perfettamente esistenti e documentati. L’unico nome pronunciato alla francese è quello di Célimène».

Vi sono inoltre inseriti alcuni frammenti del don Giovanni

«Esatto. Ho messo in relazione il testo classico con un altro grande capolavoro molieriano: quel Don Giovanni di cui Il Misantropo diventa la tavola rovesciata e complementare, l’immaginario prologo della dissoluzione. Alceste e Don Giovanni diventano i due volti di una lotta totale e disperata contro l’ipocrisia e il compromesso su cui è costruita la civiltà. Ci sono anche alcuni frammenti de Il Tartufo: i tre testi si compenetrano».