Necessario trovare un equilibrio

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Alberto

Tampieri*

Il lavoro a distanza è tema quanto mai attuale. Generalmente si parla di smart working, formula certamente più accattivante rispetto a quella, un po’ autarchica, usata dalla legge, cioè ’lavoro agile’. Ma è la stessa cosa. Questa tipologia di lavoro, regolata da una legge del 2017 ma già da tempo utilizzata in azienda, ha conosciuto una inaspettata fortuna con l’avvento della pandemia. Nessuno immaginava che lo smart working sarebbe diventato, in breve tempo e per legge, la "modalità ordinaria" di lavoro nella pubblica amministrazione, e che sarebbe stato così diffuso nell’impresa privata; anche se la maggior parte del lavoro agile pandemico era in realtà telelavoro domiciliare, cosa giuridicamente diversa. Tutto ciò ha però comportato una metamorfosi per lo smart working, che da strumento di conciliazione vita-lavoro è divenuto un mezzo di protezione anti-contagio, come la mascherina e il distanziamento. Era quindi prevedibile che, passata la fase acuta della pandemia, si formasse una volontà politica nel senso di ritornare, se non all’origine, a livelli fisiologici di utilizzo dell’istituto; ed è ciò che si è cercato di fare dall’inizio del 2022. Ma è altrettanto normale che vi siano state resistenze da parte di chi era ormai abituato a considerare il lavoro da remoto come una modalità non solo ordinaria, ma preferibile. Si discute in questi giorni sull’inserimento, in fase di conversione del decreto "aiuti-bis", di una proroga sino a fine anno del diritto al lavoro agile per lavoratori fragili e genitori con figli piccoli. Si tratta certamente di una scelta opportuna. Va detto però che, come per il part-time, non esiste un diritto di carattere generale a lavorare in smart working. Ciò può valere in particolari momenti della vita del lavoratore e della lavoratrice; per il resto, vi sono soltanto meccanismi di priorità nell’accesso, che devono trovare un equilibrio con il diritto dell’imprenditore a configurare la sua attività nel modo che ritiene più idoneo. *Docente di Diritto del lavoro Unimore