"No ai permessi di soggiorno? Un errore"

"I lavoratori stranieri sono entrati regolarmente in Italia per effettuare il tirocinio. Se il datore di lavoro non ha ’onorato’ l’impegno, non facendo alcun tipo di formazione, la colpa non può essere addebitata agli appellanti, che hanno quindi diritto al permesso di soggiorno".

È quanto stabilito dalla terza sezione del Consiglio di Stato, nei confronti di sei cingalesi impiegati presso salumifici della zona di Castelnuovo Rangone. Nel 2019 si sono vista negata dalla Prefettura la richiesta di conversione del tirocinio, da studio formativo a lavoro subordinato. A quel punto hanno fatto ricorso al Tar, quest’ultimo è stato respinto, perciò si sono appellati al Consiglio di Stato, ottenendo il responso sperato. "Una grande vittoria – spiega il legale che assiste gli stranieri, Davide Ascari –. Alla fine siamo riusciti ad avere ragione". Ora le loro domande saranno riesaminate. "La sentenza – continua – respingeva il ricorso poiché, in base a quanto emerso dalle indagini dei Carabinieri e l’Ispettorato del Lavoro, non risultavano presupposti legittimi né per il primo ingresso degli stranieri nel territorio italiano per motivi di studio-tirocinio, né per le successive istanze di conversione del permesso a lavoro subordinato". Dagli accertamenti è poi risultato che la società indicata come possibile datore di lavoro non era iscritta all’apposito Albo ministeriale e aveva avviato una vera e propria attività abusiva di ricerca di manodopera a basso costo. Manodopera da dedicare a compiti elementari e ripetitivi, non necessitanti di formazione professionale, conclusasi con l’impiego in attività di bassa manovalanza. Sia pure con una qualità del servizio opinabile e non corrispondente agli impegni sottoscritti, il Consiglio ha quindi riconosciuto la validità del periodo di lavoro formativo così come dell’ingresso in Italia dei sei appellanti. Ho dunque disposto che l’amministrazione procedesse al rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione.