"Non sono negazionista ma devo sopravvivere"

Il titolare della ’Filetteria’ è tra i promotori dell’iniziativa di ieri. In serata il blitz di carabinieri e municiplae

Migration

"La Costituzione recita che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Noi chiediamo solo di lavorare per vederci riconosciuta la nostra dignità e quella delle nostre famiglie. Ci faranno la multa da 400 euro? Ci chiuderanno? Mi arresteranno? Pazienza, io devo sopravvivere". La Filetteria di Sassuolo di via Mozambano in provincia di Modena si può definire la tana del lupo, è uno dei tre locali italiani dove è nata l’idea di #Ioapro1501. Il titolare Antonio Alfieri assieme alla moglie Karen ieri ha accolto i clienti-sostenitori che hanno prenotato per la serata. Nome, cognome, telefono e misurazione della temperatura, all’ingresso e all’uscita alle 21.45, perché "abbiamo intenzione di rispettare il coprifuoco dalle 22". Le richieste di adesione "sono state centinaia", ma il locale può ospitare al massimo 60 persone: "Per l’occasione, comunque, ci siamo fermati a 25. Ogni tavolo è distante dall’altro ben due metri". Alle 19,25 ieri sera sono arrivati i primi ospiti: degustazione di pesce per loro. "Siamo qui per tutti, non solo per Antonio: chiudere la ristorazione vuol dire mettere in ginocchio una filiera strategica, e spegnere altre luci in città", spiega Dario Venturelli, già consigliere comunale ed ex vicepresidente del Consiglio comunale di centrodestra, tra i primi a raccogliere l’appello. Cui non sono tuttavia rimaste sorde le forze dell’ordine: alle 19,47 si sono infatti presentati i carabinieri e la polizia municipale. "Voi fate il vostro lavoro": li ha accolti così, Alfieri, misurando loro la temperatura e poi presentando le documentazioni richieste, licenza inclusa. Tutto molto composto, tutto molto surreale. Anche un imprevisto ha caratterizzato la vigilia: la protesta infatti è stata costretta a reggersi su un enorme generatore di corrente. "L’altro giorno mi hanno staccato la luce. Nei miei locali devo pagare 12mila euro di bollette nei mesi in cui non ho lavorato". Con Alfieri collaborano 19 dipendenti, "la cassa integrazione non la vedono da ottobre e quando arriva è di 80 euro al mese". Il ristoratore sassolese ci tiene a precisare di "non essere negazionista, anch’io ho paura della pandemia, se mi dici di chiudere per me va bene, allora però devi sostenermi". Impossibile intanto non notare tra i tavoli un oggetto avveniristico di cui fino a poco tempo tutti ignoravano l’esistenza: un misuratore elettronico della qualità dell’aria. "Ci è stato donato da un’azienda di Parma. In base alle polveri sottili presenti in un ambiente indica la distanza necessaria da tenere tra una persona e l’altra. Vede, nel nostro caso è sufficiente un metro". Tra gli ospiti a cena anche il fondatore di Italexit, il senatore Gianluigi Paragone, per portare il suo sostegno ad Alfieri: "Non si tratta di salvaguardare soltanto la ristorazione - sottolinea - tutelare la ristorazione vuol dire proteggere anche il comparto ricettivo (pub, locali, alberghi) e la filiera agro-alimentare. Dietro quello che viene servito nei piatti c’è un altro pezzo di economia". Loro, prosegue Paragone, "hanno avuto il coraggio di essere dissidenti e non possono essere lasciati soli. Si tratta di dare dignità a ciò che caratterizza un pezzo importante del Made in Italy".

Gianpaolo Annese

Stefano Fogliani