"Nuovi ricoveri per polmonite interstiziale"

Il primario di Malattie Infettive, Cristina Mussini: "Il virus c’è eccome e può fare male. In reparto abbiamo anche persone giovani".

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di Emanuela Zanasi

I nuovi focolai riaccendono l’allarme sulla diffusione del Covid. Ma se fino a una settimana fa si parlava principalmente di contagi asintomatici, negli ultimi giorni si registrano anche ricoveri in ospedale di pazienti positivi che hanno sviluppato polmonite interstiziale. La professoressa Cristina Mussini, direttrice del reparto di Malattie Infettive del Policlinico, non ci gira troppo intorno. "Era un’illusione che un virus a trasmissione respiratoria scomparisse improvvisamente come nelle fiabe – afferma – al momento sono focolai contenuti, legati a situazioni note ma il virus è ancora in circolazione e non è affatto diventato buono. Delle persone ricoverate negli ultimi giorni – prosegue – circa la metà ha una polmonite interstiziale, abbiamo trattato cinque, sei pazienti con Tocilizumab".

Anche il range di età, spiega l’infettivologa, è ampio. "L’altro giorno abbiamo ricoverato un giovane di 29 anni, un’ottantenne ma anche una persona di 58 anni. Per questo – conclude la professoressa – è troppo importante seguire le regole del distanziamento e della mascherina, altrimenti ci ripiombiamo dentro ben prima di ottobre".

Intanto l’Università di Modena e Reggio Emilia segna un altro goal nella ricerca contro il Coronavirus. Uno studio su pazienti con polmonite coordinato dal professor Andrea Cossarizza e coadiuvato dalle ricercatrici Sara De Biasi e Lara Gibellini pubblicato sulla rivista internazionale ‘Nature Communications’ chiarisce il ruolo delle molecole responsabili della tempesta citochinica, l’iper infiammazione che ha causato diversi decssi da Covid 19 "Nelle prime fasi della malattia – spiega Cossarizza – le cellule del sistema immunitario si fanno la guerra tra loro. Nel paziente vengono a coesistere linfociti attivati oppure esauriti, appena prodotti dagli organi linfoidi oppure senescenti, e linfociti che producono molecole con effetti biologici opposti. È quindi una risposta caotica senza alcuna logica che esaurisce la risposta immunitaria. Un po’ come correre la finale olimpica dei 400 metri ostacoli arrivare alla fine completamente stremati e sentirsi dire che si è sbagliato gara e bisogna iniziare subito la maratona".

I ricercatori modenesi mostrano che tra le molecole che attivano la deleteria infiammazione immunitaria non c’è soltanto l’interleuchina-6, contro la quale viene impiegato con successo l’ormai noto farmaco Tocilizumab o le molecole infiammatorie IL-1 e il fattore di necrosi tumorale (TNF) contro cui sono da anni disponibili diversi farmaci, ma molte altre molecole, la cui presenza nei pazienti Covid non era mai stata osservata prima. Alcune tra queste potrebbero costituire nuovi bersagli terapeutici,. Lo studio modenese apre nuove frontiere per l’utilizzo di nuovi farmaci biologici e altre soluzioni terapeutiche. Alla complessa ricerca, che occupa ben 17 pagine della rivista, hanno partecipato numerosi medici e ricercatori di Unimore e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, tra cui Cristina Mussini, Giovanni Guaraldi, Marianna Meschiari, Massimo Girardis, Enrico Clini, Fabio Facchinetti, Mario Sarti, Tommaso Trenti, Antonello Pietrangelo, Lucio Brugioni.