Riaperta l’indagine sul ‘mostro di Modena’

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di VALENTINA BELTRAME e VALENTINA REGGIANI

ERA un giorno caldo come oggi, 34 anni fa, quando il cadavere di Giovanna Marchetti venne ritrovato a Baggiovara. Fu la 19enne la prima delle dieci prostitute uccise tra il 1985 e il 1995 nella nostra provincia: otto di questi efferati delitti furono messi in relazione tra loro tanto che si cominciò a parlare del ‘mostro di Modena’, un serial killer che si accaniva contro le prostitute, ma mai arrestato. Un’ipotesi giornalistica che non trovò riscontro nelle consulenze tecniche dei periti ma che aleggia da sempre: potrebbe esserci in giro un omicida seriale, che non ha più agito dal 3 gennaio 1995, quando venne uccisa nel ‘solito’ contesto l’ultima ragazza, la 32enne Monica Abate, soffocata.

PER questo il procuratore capo Paolo Giovagnoli - anche a seguito del docufilm del regista Gabriele Veronesi sul ‘Mostro di Modena’ proiettato a metà giugno al cinema Victoria - ha deciso di riaprire il caso. In particolare, è stato chiesto alla squadra mobile di mettere a disposizione i fascicoli, che sono stati affidati al pm Giuseppe Amara. Si tratta di documenti digitalizzati: gli omicidi furono accorpati in un unico fascicolo. «Stiamo approfondendo la situazione», confermano dalla Procura. L’intenzione è quella di riesaminare i casi uno ad uno per capire se sia possibile colmare alcune lacune «anche per rispetto dei familiari delle vittime», trapela dagli inquirenti. Tra i fascicoli da approfondire, c’è in particolare l’ultimo, quello relativo all’omicidio di Monica Abate, figlia di un poliziotto, trovata morta soffocata nella sua casa in centro. La Procura spera che con le nuove tecniche investigative possa emergere qualche dettaglio importante utile per risolvere almeno uno degli otto casi irrisolti. La maggior parte dei ‘vecchi’ investigatori, infatti, esclude che a uccidere sia stata un’unica mano. In quel periodo in città l’eroina era una piaga e le ragazze tossicodipendenti finivano per prostituirsi per potersi comprare le dosi. Attraverso un accesso esclusivo ai documenti giudiziari, fino ad oggi rimasti riservati, e una lunga ricerca giornalistica negli archivi nonché intervistando i testimoni, il documentario ha puntato i riflettori su uno dei cold case più feroci del nostro Paese.

LA SCIA di sangue partita con Giovanna Marchetti, colpita con un colpo di mattone alla testa dopo un tentativo di strangolamento, proseguì nel settembre 1987 quando Donatella Guerra, 22 anni, fu uccisa con un coltello da macellaio e il suo cadavere fu abbandonato alla periferia di San Damaso. Fu strangolata, invece, Marina Balboni, la tossicodipendente il cui cadavere fu scoperto sulla strada che collega Carpi a Gargallo il primo novembre dello stesso anno. Era fine maggio dell’89 quando venne ritrovato il cadavere di Claudia Santachiara, anche lei strangolata, abbandonata in un viottolo di campagna alla periferia di Panzano di Campogalliano. Nel marzo del 1990 la quinta vittima, Fabiana Zuccarini, 21 anni, tossicodipendente ma non prostituta uccisa a Staggia di Bomporto: gli investigatori commettono una serie di errori, compresa la rimozione quasi immediata dal cadavere. Gli stessi errori sarebbero stati commessi commessi anche il 4 febbraio 1992 quando a San Prospero viene trovata morta Anna Bruzzese, 33 anni: anche lei fu stata strangolata dopo un rapporto sessuale. Nel gennaio 1994 tocca ad Anna Maria Palermo, uccisa con 12 coltellate a Modena. Infine Monica Abate.