"Shakespeare insegna, crediamo nel bello"

Allo Storchi il regista Simone Toni porta la commedia ’Sogno di una notte di mezza estate’ con i giovani attori neo diplomati di Ert

"Shakespeare insegna, crediamo  nel bello"

"Shakespeare insegna, crediamo nel bello"

di Maria Silvia Cabri

Sarà William Shakespeare a fare sognare gli spettatori in questi giorni di fine anno. Da stasera fino a domenica, al teatro Storchi di Modena andrà in scena la commedia ‘Sogno di una notte di mezza estate’, secondo la traduzione e adattamento di Valter Malosti. Sul palcoscenico gli attori diplomati al corso Attore internazionale della Scuola di Teatro Iolanda Gazzerro di Ert. A curarne la regia, l’attore e regista Simone Toni. Una preziosa occasione per gli attori di concludere l’iter formativo e di potersi confrontare con il pubblico, come spiega lo stesso Toni. Una commedia di Shakespeare: com’è maturata l’idea?

"‘Sogno di una notte di mezza estate’ è uno dei testi di Shakespeare più rappresentati nel mondo. Siamo partiti da un presupposto: portare a conclusione il percorso degli attori diplomati al corso Attore internazionale della Scuola di Teatro Iolanda Gazzerro di Ert, che si confrontano in questa produzione Emilia Romagna Teatro ErtTeatro Nazionale con la loro prima scrittura da professionisti. Per questo volevamo qualcosa che rappresentasse per loro un inizio importante ma che fosse al tempo stesso una festa. E questo testo di Shakespeare è quello che maggiormente festeggia il teatro".

Dunque, una scelta ponderata?

"Non è un caso che molto spesso si ricorra alla scelta di questa commedia quando si lavora con i giovani attori. Infatti, non solo offre innumerevoli possibilità interpretative, ma possiede anche uno specifico nucleo energetico che la rende particolarmente idonea allo sviluppo delle capacità espressive di una giovane compagnia. Le commedie di Shakespeare, e questa in particolare, hanno una sostanziale differenza di intenti rispetto ai drammi, proprio nei confronti della comunità a cui si rivolgono".

Cosa comporta lavorare con giovani attori?

"Nell’ambito del teatro italiano io, che ho 42 anni, sono ancora considerato un ‘giovane regista’. Reputo che la parola ‘giovane’ sia un po’ abusata; i veri giovani, infatti, sono gli attori che hanno compiuto questo percorso di studi, nell’ambito di un contesto che non sempre garantisce molte possibilità. Ci siamo quindi chiesti che cosa insegnare loro, cosa farli diventare, dopo che abbiamo intrapreso la scorsa estate un lavoro insieme per insegnare le tecniche vocali, fisiche e d’impostazione sul palcoscenico".

Una storia senza tempo: quanto reputa sia attuale nel 2022? "Shakespeare utilizza il linguaggio onirico e i sogni non hanno ‘tempo’. Da Atene si passa al bosco, con tempi diversi, come accade nei sogni dove tutti è possibile. E quindi, sempre attuale". Quale sensazione volete lasciare al pubblico in sala?

"La speranza e l’invito a credere nella bellezza e nelle illusioni. Siamo reduci da due anni molto duri, ma l’arte resta sempre un fondamentale rifugio per l’animo umano".