
DA QUANDO aveva deciso di fare dietrofront come candidato sindaco dei 5 Stelle a Modena (la scelta era poi ricaduta su Andrea Giordani), il rapporto tra l’avvocato civilista Pier Giorgio Rebecchi e il Movimento non era stato più lo stesso. In disaccordo per il ‘no’ categorico dei vertici ad ogni tipo di alleanza a livello locale e diffidente verso il matrimonio con la Lega di Salvini, Rebecchi si è defilato sempre di più, fino alla decisione di qualche giorno fa di uscire definitivamente dai pentastellati. Nessuno, però, poteva immaginare che per il legale modenese potesse profilarsi un approdo nel Pd, addirittura tra i possibili candidati nella lista per le prossime regionali, con tanto di benedizione di Stefano Bonaccini.
Rebecchi, lusingato dalla corte dei dem? Ha deciso di aiutarli il 26 gennaio?
«Ho letto il post di mercoledì sera di Fava in cui preannunciava una proposta in tal senso per sabato. Mi sono fatto inviare la bozza del programma e la sto leggendo. Se potrò dare un contributo, a prescindere da elezioni o meno (che non erano e non saranno una priorità per me ), ne sarò onorato e ...onerato e ben volentieri darò un apporto su quei temi. La mia attenzione resterà inalterata così come erano e resteranno immutati certi valori di riferimento che penso sarà abbastanza semplice, almeno per me, condividere in un ambiente a mio avviso parecchio mutato, e in positivo, con la fuoriuscita di Renzi & co».
Già in tempi non sospetti aveva confidato il suo malessere verso il Movimento. Prima da potenziale candidato sindaco e ora da fuoriuscito. Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
«Dalla seconda metà dello scorso anno ho iniziato a non capire le ragioni di certe scelte e il perché di tanti ‘vuoti’ sul territorio. ‘Sì a possibili alleanze con i gilet gialli in Europa’, ma ‘no a quelle con liste civiche a livello comunale’. Sono stati ignorati i segnali d’allarme per il rischio tracollo delle liste nei vari Comuni che già a marzo e aprile era chiaro si sarebbero ridotte drasticamente rispetto al 2014. La campagna per le Europee è stata sottotono, poi da giugno c’era l’attesa di una riorganizzazione, trascinata invece nei mesi successivi e che ha finito per compromettere le Regionali, visto che a quel tempo ancora non si sapeva che il voto sarebbe stato differito a gennaio. Mi domandavo il perché, a luglio, aleggiava incertezza a tre mesi da un potenziale tornata elettorale a novembre. Poi si è arrivati a settembre con un nuovo assetto di Governo e quindi con nuove energie e prospettive da mettere in campo anche qui».
Poi?
«Lo auspicai in un’intervista a settembre. E invece da allora il nulla, solo attesa dell’Umbria. Dopo la quale, a fine ottobre, l’ideona del ‘disimpegno strategico’ in vista di un ‘rilancio primaverile’ di M5s una volta terminata la ‘riorganizzazione’ delle periferie (riassetto nel frattempo rimandato al 2020)».
Vede l’auspicato ’disimpegno’, tra l’altro accarezzato dal quesito su Rousseau, come una resa?
«Si tratta di un’indicazione che lascia intendere: ‘Calabria ed Emilia Romagna, rassegnatevi perché a questo giro starete ferme, checche’ ne dicano, quasi all’unanimità, gli attivisti da Piacenza a Rimini’. Deriva personalmente non più accettabile. Per questo non ho ‘saltato fossi’, ma sono semplicemente ‘sceso dal treno’, come Grillo ha sempre definito il Movimento. E sono sceso senza rinnegare un’esperienza che ripeterei (anche per riguadagnare dieci anni che male non farebbe a una certa età!) e durante la quale ho avuto il privilegio di conoscere tante persone speciali, oneste, laboriose».
Ci sono questioni anche a livello locale che l’hanno spinta alla sua scelta?
«Scendere dal treno non voleva essere una ripicca ne’ proclamare disimpegno, disinteresse nelle idee del Movimento e dei target che si è posto in questi anni. Ho quattro figli due dei quali ancora minorenni e dunque temi come l’ambiente, l’energia, la gestione dei rifiuti, l’inquinamento non erano e non potranno certo passare, per me, in secondo piano o essere strettamente vincolati solo ad un attivismo politico».
Vincenzo Malara